Il Palazzo Ducale di San Cesario di Lecce Prima Parte

Oggi ho iniziato la lettura de “Il Palazzo Ducale di San Cesario di Lecce (I)ì / Giulio Laudisa. - P. 8-25 : ill. ; 27 cm. - Fa parte di : La Zagaglia : rassegna di scienze, lettere ed arti, A. XI, n. 41 (marzo 1969).

Il nostro Palazzo Marulli è una miniera di informazioni che il nostro illustre concittadino Giulio Laudisa volle raccogliere in questo interessante saggio che oggi inizio a pubblicare a puntate.
Giulio Laudisa era architetto e Gianfranco Coppola riferisce che donò alla Biblioteca Comunale di San Cesario libri di vari argomenti (Daniela Litti, Quando un passato non ha segreti l’Alambicco n 38 del 2009)
Al Palazzo Ducale di San Cesario, già dei Marulli e sede ora del municipio della prima cittadina che s'incontra a sud di Lecce, dedica una descrizione, commista di ricordi di altri tempi, un sancesariese lontano dal luogo nativo, Giulio Laudisa (in « La Zagaglia », fasc. 41 e 42, marzo-giugno '69). I ricordi, che prendono avvio dalle ultime tre casate dominanti (i Guarini, i Vaaz de Andrade — ricchi ebrei portoghesi — e, appunto, i Marulli, d'origine forse greca), traggono ispirazione, a contrasto con l'inaudito sciocchezzaio fiorito su un quotidiano romano, l'estate del '67, circa i Fantasmi nei manieri di Puglia, dalle suggestioni che il palazzo esercitava su qualche giovane, nell'osservare giornalmente come la sua mole fastosa si distaccasse da tutto Il resto del paese, semplice e modesto. L'esser presentata, la descrizione, come ricordo, non toglie attualità ai suggerimenti circa il restauro della grande fabbrica secentesca, di cui l'autore è ignorato, come di tante altre (s'è di recente avanzata l'ipotesi possa esser lo stesso dell'interno della cattedrale di Gallipoli: Gian Bernardino Genuino).
Il Palazzo Ducale di San Cesario di Lecce come si presentava nel 1912 con l'orrenda superfetazione e come si presenta oggi.

La prima immagine (tratta da http://it.wikipedia.org/wiki/San_Cesario_di_Lecce#mediaviewer/File:San_Cesario_di_Lecce_Palazzo_Ducale.jpg) mostra lo stato attuale della facciata.
Nella seconda (tratta da http://www.alinariarchives.it/en/inventary/ACA-F-035452-0000), datata 1920-1930 circa, ho evidenziato nel riquadro in rosso la superfetazione opportunamente eliminata, credo perché comprometteva il simmetrico equilibrio della facciata, nonostante l’apertura della parte aggiunta ricalcasse la forma delle finestre limitrofe. Qualcuno sa dirmi la data precisa dell’aggiunta prima e della sua eliminazione poi?
Speriamo che in questa balorda Italia di oggi, dove si distruggono le testimonianze originali (non le loro superfetazioni!) del passato, anche quando sono bellissime, per insediarvi a futura memoria nostra gli sgorbi del presente, non venga in mente a qualcuno, nella fattispecie, di ripristinarne uno del passato …
di Armando Polito
Fonte: http://www.fondazioneterradotranto.it/2014/09/30/lorrenda-superfetazione-del-tempo-che-fu-del-palazzo-ducale-di-san-cesario-di-lecce/


IL PALAZZO DUCALE DI SAN CESARIO DI LECCE
« REALTA' E FANTASIA »
L'edificio, il « personaggio » più notevole di San Cesario, il « Notabile» per antonomasia, è il Palazzo Ducale dei Marulli che da tre secoli domina la piazza grande (Piazza Garibaldi) della cittadina con la sua mole imponente ed aggraziata. Ad essa sono destinate queste note, legate al « passato remoto » ante prima guerra mondiale, intessute di realtà e di fantasia, evocate in gran parte dalla memoria, dalla indefinibile nostalgia per le cose lontane.
Primi approcci
Le prime sensazioni davanti al più insigne monumento cittadino, quelle provate durante le duemila e più volte che, chi scrive, mattina e pomeriggio, veniva invitato dalla campana « della scuola » a varcare il solenne portale del palazzo, nei cinque anni delle « elementari », non occupano un posto notevole nel bagaglio dei ricordi.
Si sarebbero potute paragonare a quelle del carducciano - « asin bigio, rosicchiando un cardo rosso e turchino ». Carducci, però, non era ancora tra le conoscenze personali di quello scolaro, ed i paragoni asinini non gli avrebbero fatto né caldo né freddo. Forse alzava il naso un po' più in sù del normale e «degnava d'un guardo » il « grande notabile» solo il primo e l'ultimo giorno di scuola. Il primo, col timore reverenziale verso l'ignoto che stava per affrontare, e l'ultimo, con la compiaciuta sufficienza di « avercela fatta » ottenendo la promozione alla classe successiva.
Nient'altro di più.
La mole
Le impressioni più concrete che, in ordine di tempo, quel ragazzo poté registrare nella « piazza grande », ebbero per oggetto le due grandi moli del Palazzo Ducale e della Chiesa Madre, poste di fronte l'una all'altra ed un po' di sghembo, quasi in segno di contrasto e di sfida.
Erano tempi di liberalismo, massoneria ed anticlericalismo imperanti, palesemente od occultamente, in alto ed in basso loco. Se avessero sventolato insieme i labari verdi delle « Loggie », le bandiere rosse delle «Camere del Lavoro » ed i vessilli tricolori dei « Benpensanti », avrebbero soverchiato il bianco e giallo degli stendardi papalini in una girandola colorata da inceppare la « memoria » anche ad un moderno calcolatore elettronico.
Fortunatamente, questa concomitanza, non si verificava mai. A San Cesario, di bandiere, ce n'erano due, tre al massimo; di fatti nuovi ed importanti non se ne verificavano quasi mai, di idee, i paesani, non ne avevano molte e, tanto per non sbagliare e pregiudicarsi un eventuale « buon posto » nell'aldilà, erano tutti, almeno in apparenza, di un conformismo religioso da intenerire e confondere le idee anche al più esperto ed intelligente arciprete.
Quanto a quel ragazzo, era allora assurdo pensare a delle idee proprie politico religiose; un innato agnosticismo non gli faceva attribuire troppa importanza al caleidoscopio politico religioso dianzi accennato; si atteneva al sodo, a quello clic i suoi occhi e la sua fantasia « vedevano» sui nobili « volti di pietra » del Palazzo Ducale e della Chiesa Madre. Quei due colossi simboleggiavano, il primo: il limitato, labile, mutevole potere civile; il secondo: l'immenso, immutabile eterno potere religioso.
Non si può attribuire ad una aberrazione del suo apparato visivo se osservava essere più grande il palazzo che la chiesa, se, insomma, il finito superava l'infinito. Non si può credere ad un suo precoce senso di critica d'arte se preferiva il barocco « vero » del palazzo ducale a quello « finto » della Chiesa Madre; come non si può diagnosticare tale preferenza ad una indigestione di laicismo propinatogli a colazione, pranzo e cena, in casa e fuori, da suo padre perché, le sue indigestioni, allora, erano di tutt'altra specie e venivano curate con l'olio di ricino.
Sia come si sa, le sue predilezioni, con rispetto della Santa Chiesa, erano per il palazzo ducale e per la sua mole « laica » più grossa di quella religiosa. Predilezione giovanile per il grandioso che, raccontata ora, può sembrare una illusione ottica, un fenomeno non spiegato in nessun trattato di fisica che ingrandisce tutto ciò che si riesce a « mettere a fuoco » a distanza di spazio e di tempo. Il recente libro di Calvesi e Manieri Elia sul Barocco Leccese conferma che, effettivamente, ...« il palazzo ducale è di grandiose dimensioni in rapporto alla piazza »...


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