"Il Fuoco sotto la Cenere" (racconto)

 


"Il Fuoco sotto la Cenere"

Erano momenti in cui il silenzio si faceva strada tra i pensieri, come un'onda che si allontana dal mare lasciando la sabbia umida e distesa. In quell'istante, l'ansia e la paura si spegnevano, svanendo come nebbia al sole. C'era qualcosa di primitivo e inevitabile, come se ogni emozione espressa si fosse riversata nel corpo, lasciando solo un vuoto di pace. Era la danza del desiderio, quel cercarsi, afferrarsi, lasciarsi andare senza più paura.


Lei si muoveva accanto a lui, quasi senza far rumore, ma il suono dei suoi passi era diverso da tutti gli altri. Lui lo sapeva. Lo aveva sempre saputo. Quei passi lo tiravano fuori dal buio, lo facevano emergere da un'ombra antica, come una melodia dimenticata che d'improvviso torna alla mente e riempie tutto. “Ti riconoscerei tra mille”, pensava, mentre la guardava senza parlare.


Non poteva tornare indietro. Era diventato un altro, da quel giorno. O forse, era sempre stato lo stesso, solo che ora si vedeva diverso, come se qualcosa dentro di lui avesse finalmente trovato il coraggio di mostrarsi. Era un rischio, lo sapeva bene, ma non si poteva più nascondere. L'errore, se di errore si trattava, era stato cercare di trattenere tutto, come se le emozioni potessero essere messe a tacere. Ma no, loro non morivano mai. Restavano vive, sepolte sotto strati di pelle e silenzi, pronte a emergere nei momenti più inattesi, con tutta la forza di un tuono che rompe il cielo.


«Solo una carezza», aveva detto lei quella notte, con una voce che sembrava arrivare da un altro tempo. E lui non si era mosso. Le dita di lei sfioravano la sua pelle, e quel tocco era così delicato, così incredibilmente morbido, che per un attimo pensato di aver sognato tutto. Ma no, non era un sogno. Era la realtà, e quella realtà lo stava cambiando. Forse era il metabolismo, forse erano le sue paure, i suoi desideri, che finalmente trovavano spazio per respirare.


Erano momenti di scelta, o almeno così sembrava. Lui lo sapeva bene: c'era chi ti sceglieva perché non aveva altro e chi ti sceglieva perché voleva altro. Ma era davvero una questione di scelta? Si domandava, mentre il loro respiro si confondeva nell'aria umida della stanza. Quando ti guardo, quando sento il tuo sguardo posarsi su di me, non è forse qualcosa che va oltre la mia volontà? Non ti scelgo, accade e basta. È come trovarsi in una grotta, rivolti a nord, aspettando un sole che non sorgerà mai. Eppure, siamo qui, a desiderare quel calore che ci sfiora appena, come una promessa lontana.


Ci si sente soli, a volte. Anche accanto a qualcuno. Soli perché si ha paura di perdere qualcosa che forse non è mai esistito. È l'illusione, il filo sottile che ci lega a questa idea di amore, di vicinanza, di conforto. Ma è davvero conforto, o solo paura di essere soli? Lui non lo sapeva. Si aggrappava a quel pensiero come a un'ancora, sapendo che forse era l'errore più grande di tutti. Ma gli errori, come diceva Arminio, non sono solo nostri. Li lasciamo cadere nelle vite degli altri, come piccole pietre in un lago calmo. E le onde si propagano.


Poi c'era stato quel giorno. Il giorno in cui, senza preavviso, avevano smesso di cercarsi. Non per scelta, ma perché così accadeva. Come una marea che si ritira senza preavviso. Eppure, anche in quel distacco, c'era una dolcezza. La dolcezza di chi sa che le emozioni non si spengono mai davvero, ma rimangono lì, come un fuoco sotto la cenere, pronte a bruciare di nuovo.

Antonio Bruno

Commenti

Post popolari in questo blog

SANITA' E ISTRUZIONE PUBBLICA

La democrazia a San Cesario è possibile

LA PESCA CHE MAMMA REGALA A PAPA’: IL MIO PUNTO DI VISTA DI BAMBINO