Intervista al Dott. Antonio Bruno: "Una nuova partecipazione alla politica nazionale"

 


Intervista al Dott. Antonio Bruno: "Una nuova partecipazione alla politica nazionale"

Intervistatore: Dott. Bruno, recentemente ha scritto una riflessione molto critica sulla politica e sui partiti italiani, prendendo spunto dalla nostalgia di chi ha vissuto la politica del sistema proporzionale. Qual è il punto centrale del suo pensiero rispetto a quanto sostenuto dai nostalgici dei partiti al tempo del proporzionale?

Antonio Bruno: Sì, ascolto sempre con attenzione chi mi parla dei partiti ai tempi della prima repubblica, quella del sistema elettorale proporzionale, e devo dire che percepisco una certa nostalgia, a tratti edulcorata, per i partiti della Prima Repubblica. Queste persone sembrano evocare un tempo in cui l'iscrizione a un partito rappresentava una vera partecipazione democratica dei cittadini alla politica nazionale. Io, però, ho osservato la realtà da un'angolazione diversa: secondo me, quella visione idealizzata non corrisponde alla verità. I partiti di allora, così come quelli di oggi, non erano altro che strumenti di conquista e gestione del potere.

Intervistatore: Potrebbe spiegare meglio questa sua visione dei partiti come strumenti di potere?

Antonio Bruno: Certo. La realtà dei partiti, sia nel passato che nel presente, è sempre stata caratterizzata da un obiettivo ben preciso: la conquista del potere. Ma la differenza è che, nella Prima Repubblica, questa lotta per il potere era coperta da una sorta di "foglia di fico", fatta di discussioni, dibattiti, documenti e atti che davano l'impressione di una vita democratica all'interno dei partiti. In realtà, quei dibattiti erano solo una facciata, un modo per nascondere il vero scopo: il potere, e l'uso di ogni mezzo per ottenerlo.

Intervistatore: Afferma quindi che nella Prima Repubblica non ci fosse vera democrazia all'interno dei partiti?

Antonio Bruno: Esatto. Quella "foglia di fico" che copriva le reali intenzioni dei partiti ha funzionato per molto tempo, perché molti tesserati hanno fatto finta di non vederla. Si illudevano, o volevano illudersi, che la loro partecipazione fosse realmente democratica. Ma la verità è che, dietro quelle apparenze, i partiti non erano associazioni di cittadini uniti per determinare la politica con metodi democratici, bensì macchine di potere. L'obiettivo principale era sottomettere e rendere obbedienti coloro che si trovavano a dover subire il potere di chi l'aveva conquistato.

Intervistatore: Nel suo scritto parla anche di "voto di scambio" come di un sistema molto diffuso nella Prima Repubblica. Può dirci qualcosa di più a riguardo?

Antonio Bruno: Sì, nella Prima Repubblica il cosiddetto "voto di scambio" non era considerato un reato, ma era un sistema ben radicato per mantenere e consolidare il potere. I partiti distribuivano "ricchi premi e cotillon" ai tesserati, offrendo benefici e privilegi in cambio della loro fedeltà. In alcuni casi, i premi venivano elargiti addirittura prima che il tesserato entrasse a far parte del partito, altre volte si firmava una sorta di "cambiale", un impegno per un futuro vantaggio una volta che il partito avesse ottenuto il potere. Era un sistema di proselitismo politico molto diffuso, e ciò che oggi chiamiamo voto di scambio allora rappresentava una delle forme più comuni di partecipazione politica.

Intervistatore: Ritiene quindi che non ci sia stata mai una vera partecipazione democratica nei partiti della Prima Repubblica?

Antonio Bruno: Io mi chiedo dove i nostalgici abbiano visto partiti che si comportavano come associazioni democratiche di cittadini. In quale città o regione della nostra Repubblica avrebbero operato questi partiti di cui si parla? Per quanto mi riguarda, quella forma di partecipazione popolare di cui parlano i nostalgici della prima Repubblica non l'ho mai vista, o almeno non nei termini in cui la descrivono.

Intervistatore: Nel suo scritto, lei suggerisce che il problema sia legato alla cultura della competizione e al neoliberismo economico. Come pensa che si possa superare questa dinamica?

Antonio Bruno: Il problema centrale è proprio la cultura della competizione, che è strettamente legata al neoliberismo economico. Questi due elementi hanno sempre prodotto partiti "Azienda", proprietà di Monarchi o Oligarchie che si spartiscono il potere a seconda delle quote di controllo che detengono. Se non abbandoniamo questa cultura, continueremo a vedere partiti e sistemi politici orientati esclusivamente alla conquista del potere. La soluzione che propongo è abbandonare la competizione in favore di una cultura della collaborazione, che porti alla creazione di un "progetto comune" basato su comportamenti cooperativi e sulla volontà di vivere insieme, piuttosto che lottare gli uni contro gli altri per il dominio.

Intervistatore: Pensa che una trasformazione di questo tipo sia realmente possibile nel contesto politico attuale?

Antonio Bruno: Io credo che sia possibile, ma richiede una volontà collettiva molto forte. Bisogna che le persone, prima di tutto, prendano coscienza del fatto che il sistema attuale non funziona più, e che la cultura della competizione porta solo alla frammentazione sociale. Se decidiamo di vivere insieme e collaborare, possiamo davvero creare un nuovo modello di partecipazione politica, in cui i partiti non siano più macchine di potere ma strumenti per realizzare un progetto comune. Non sarà facile, ma se c'è la volontà, possiamo farlo.

Intervistatore: Un messaggio decisamente forte e chiaro. Grazie mille, Dott. Bruno, per il suo tempo e per aver condiviso con noi la sua visione della politica italiana.

Antonio Bruno: Grazie a voi, è stato un piacere poter approfondire questi temi.

 

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