Intervista al Dott. Antonio Bruno: Dottore cos’è l’amore?
Intervista
al Dott. Antonio Bruno: Dottore cos’è l’amore?
Intervistatore: Dottor Bruno, le chiedo subito:
crede sia possibile avere fiducia nell’altro ancor prima di conoscerlo?
Dott.
Antonio Bruno: È una
questione affascinante e per nulla semplice. La fiducia, come l'amore, richiede
un’apertura che è di tipo etico. Quando parlo di fiducia o di un atteggiamento
amorevole, non intendo certo una forma di bontà ingenua. Il mio punto di vista
è che ognuno di noi ha il dovere di riconoscere l’altro per quello che è,
nonostante le differenze e persino i dissensi. La fiducia di cui parlo non è
cieca: è una condotta etica che presuppone l’accettazione dell’altro nella sua
unicità e complessità. In questo senso, riconoscere l’altro è già un atto di
amore.
Intervistatore: Molti, però, intendono l’amore
come un sentimento che si costruisce nel tempo, spesso attraverso una profonda
conoscenza reciproca. Qual è il suo pensiero in merito?
Dott.
Antonio Bruno: È vero,
l’idea di amore che prevale è spesso legata a un particolare tipo di relazione:
quella tra partner o tra genitori e figli. Tuttavia, l’amore di cui parlo non
si limita a queste forme, e non è nemmeno qualcosa di esclusivamente emotivo.
Penso piuttosto a una “condotta amorevole” che non richiede necessariamente un
legame sentimentale, ma implica una disposizione etica verso l’altro. Un
esempio concreto? Una madre che in nome dell’amore tenta di plasmare il figlio
secondo le proprie convinzioni limita l’esperienza del figlio stesso. Un
atteggiamento amorevole, invece, accetta che l’altro abbia il diritto di essere
diverso da noi. Questo tipo di amore è una responsabilità e non implica
l’obbligo di tollerare le conseguenze dei suoi atti, ma di rispettare la sua
legittimità come persona.
Intervistatore: È quindi corretto dire che questa
è una forma di amore-accettazione o amore-tolleranza?
Dott.
Antonio Bruno: Non
proprio. L’amore-tolleranza implica ancora una forma di protezione, come se ci
fosse bisogno di “sopportare” l’altro. La condotta amorevole, invece, è una
visione più profonda e chiara delle differenze che ci distinguono e delle
somiglianze che ci uniscono. Vedendo queste somiglianze e differenze con
serenità, possiamo usare ciò che ci avvicina per costruire relazioni
collaborando, mentre le divergenze possono diventare terreno per un dialogo
stimolante e costruttivo. Non è amore che impone, ma un atteggiamento che
osserva e, di conseguenza, agisce in modo responsabile.
Intervistatore: E cosa accade se riconosco un
pericolo nel fare o non fare qualcosa con l’altro? Che responsabilità abbiamo
verso di lui?
Dott.
Antonio Bruno: Qui entriamo
nel campo della responsabilità consapevole. Agire responsabilmente significa
accettare le conseguenze delle nostre scelte. La responsabilità non è lo stesso
che colpa; non è un’accusa contro di noi o contro l’altro. Un educatore, per
esempio, ha il dovere di insegnare ai giovani a valutare le conseguenze delle
proprie azioni, non di proibire loro di essere spontanei. La spontaneità,
quando è vissuta nel rispetto della libertà e della scelta, non è mai
pericolosa. Al contrario, essa è fondamentale per lo sviluppo di un individuo
responsabile e consapevole.
Intervistatore: Ma quando parliamo di bambini, non
è necessario porre dei limiti alla loro spontaneità per tutelare loro stessi e
gli altri?
Dott.
Antonio Bruno:
Assolutamente sì, ma c’è un modo per farlo senza comprimere la loro libertà di
scoperta. La spontaneità, se è educata all’interno di un contesto di rispetto e
di libertà, non sfocia in comportamenti pericolosi. Ricordo un episodio con mia
figlia che mi chiedeva se fosse davvero libera di fare tutto ciò che voleva,
persino uccidere il nostro vicino! Gli ho risposto che sì, tecnicamente avrebbe
quella libertà, ma che agire in tal modo avrebbe comportato gravi conseguenze.
Il dialogo l’ha portata a riflettere sul significato della libertà e delle sue
implicazioni, comprendendo così che la vera libertà non gli interessava senza
la responsabilità di capire fino a dove poteva arrivare.
Intervistatore: In che modo questa responsabilità
individuale si lega alla responsabilità sociale?
Dott.
Antonio Bruno: Quando
parliamo di responsabilità sociale, dobbiamo considerare il tipo di relazione
che ci lega all’altro. In una relazione autenticamente sociale, c’è uno scambio
di emozioni e una responsabilità reciproca di accompagnamento. Un educatore,
per esempio, aiuta il bambino a “vedere” ciò che ancora non conosce e lo
accompagna nella scoperta delle conseguenze dei suoi atti. Ma questo vale anche
per altre relazioni, purché siano vissute in un’ottica di rispetto e di
riconoscimento. In ambiti non sociali, come il lavoro o la politica, la
relazione non sempre nasce da una scelta spontanea e quindi non è costruita
sulla base della stessa responsabilità.
Intervistatore: Una distinzione interessante. Qual
è, in definitiva, la definizione di condotta amorevole?
Dott.
Antonio Bruno: La
condotta amorevole è un comportamento relazionale, spesso irrazionale, che mira
a creare un clima di convivenza autentica e rispettosa. Essa si fonda sulla
capacità di riconoscere la legittimità dell’altro, mostrando fiducia nel suo
valore come essere umano. Senza questa apertura a credere nell’altro, non può
esserci coesistenza vera, e la nostra stessa legittimità viene meno.
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