La trama sottile del desiderio


 La trama sottile del desiderio

Tutto parte dal sentirsi addosso uno sguardo. Un semplice incrocio di occhi, quasi per caso, e tutto cambia, come un leggero tremore nella trama delle cose. C’è chi dice che sia questione di chimica, di casualità, di accidenti irrilevanti. Ma io credo sia piuttosto l’arte della vita che si manifesta, come un quadro, senza tempo né spazio. E c’è quell’istante – un secondo minuscolo, eppure eterno – in cui senti di non avere più scampo, che ti sei perso, catturato come in un abbraccio invisibile.
Ci vuole un minuto per notare una persona speciale, un’ora per lasciarla entrare nei tuoi pensieri, un giorno per accoglierla tra le tue braccia, ma poi non basta una vita intera per liberarsi della sua impronta. Così cammini, come un equilibrista, su quel filo sottile che divide l’amore dalla mancanza. E capisci che esistono amori che non riesci a tenere chiusi, anche se tenti, anche se fai di tutto per ridurli a ricordo. Sono amori che premono, scalpitano, perché l’istante non è mai stato abbastanza. E poi ce ne sono altri, invece, che restano prigionieri di una stanza, amori incompiuti, come quadri dimenticati in soffitta, custodi silenziosi di ciò che non è stato e che mai sarà.
A volte si vive l'illusione di appartenersi, senza davvero farlo. È un filo di seta che ti lega, ma non t’imprigiona, che ti rende tutt'uno eppure mai completo. Il cuore dell'altro resta un mondo a parte, e tu sei solo un viaggiatore che ne sfiora le rive. Conquistare l’anima di una donna è un'arte di pazienza, sapersene liberare è un capolavoro che pochi riescono a realizzare davvero. Si è abituati a pensare che l’amore debba colmare, possedere. Ma la verità è che, troppo spesso, amare è solo guardarsi a distanza, conservando gelosamente ciò che non si potrà mai davvero avere.
E mi chiedo: un giorno, quando guarderai negli occhi di chi verrà dopo di me, cercherai qualcosa che sia mio? Un’ombra di malinconia, un riflesso di quel che siamo stati? Forse sì. Forse, come tutti i sogni più intensi, lasceremo dietro di noi un'impronta – lieve, appena percettibile, ma impossibile da cancellare.
Dovrebbe essere una comunione, l’amore. Qualcosa che ti spogli di ogni armatura e ti lasci libero. Eppure, troppo spesso, è solo un meccanismo imperfetto, un tentativo, un errore. Il desiderio non sempre incontra la tenerezza. E così, il gesto si riduce a movimento senza volto, e l’anima resta fuori, come spettatrice disincantata di ciò che non trova piena dimora nel corpo.
Esiste un’attrazione sottile, quasi inafferrabile, tra le anime giovani e chi ha già visto il mondo. Non si tratta di ciò che si crede – non è l’agio, non è la sicurezza materiale. È una curiosa gravità, che nasce dall’esperienza, dal peso di mille storie ormai addormentate nel cuore. I vent’anni, a volte, cercano un rifugio in chi ha già conosciuto il dolore, perché lì, forse, sperano di trovare un affetto che non abbia fretta di svanire.
E poi, guarire... Quanto è difficile dimenticare. Si dice che il tempo sia un rimedio, che le ferite si chiudano, che si possa ricominciare. Ma certi amori restano, come una cicatrice che il corpo trattiene per non dimenticare. Perché è così, in fondo: ciò che ci ha sfiorato, ciò che ci ha scomposto, ci appartiene. Anche quando non è più qui, anche quando resta solo il ricordo di un respiro che ci ha attraversato e poi, lentamente, se n'è andato.
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