Don Pablo: il Mondo rimasto
Don Pablo: il Mondo rimasto
Mi sono fermato davanti alla vetrina, lì dove il tempo sembra aver trovato il suo cantuccio in penombra, e qualcosa mi ha chiamato. Saranno i jeans Bakamak che nel 1974 presi senza l’occhio di mamma, o sarà forse quell'aria di ieri che pare ancora sospesa nel negozio. La Don Pablo è ancora qui, quasi come fosse un vecchio amico, uno di quelli che resistono anche quando tutto intorno sembra cedere.
Entro, e il legno scricchiola sotto i passi, proprio come allora, come se da decenni conservasse il ricordo di ogni persona che è passata. Antonio è dietro il bancone, come un custode di storie. “Antonio, sei ancora qui,” gli dico, e lui mi sorride, quel sorriso che è già un dialogo di ricordi. Ci stringiamo la mano, ma è come se ci dicessimo molto di più, qualcosa che non passa attraverso le parole ma che si capisce al volo.
Mi parla dei tempi andati, delle altre boutique che non ci sono più — Woodstok, Temptation, Jeans West — negozi che come fari ci guidavano in un’epoca dove il jeans era ancora un territorio inesplorato, qualcosa che ci faceva sognare di essere noi stessi senza il bisogno di approvazioni. Lì, in quel negozio, tutto sembrava possibile, anche a sedici anni, anche quando bastava un paio di jeans nuovi per sentirsi un altro.
E poi, in un attimo di consapevolezza quasi surreale, realizzo che sono ringiovanito. Nel ’74 avevo sedici anni, e oggi? Sento dentro di me come se gli anni non fossero mai passati. Sono i ricordi che mi spingono, mi fanno riavvolgere il tempo. Ogni angolo, ogni scaffale, sembra raccontare una storia che mi appartiene. Antonio ride, dice che qui tutti si sentono giovani, che il negozio è una sorta di magia che fa sparire le età, fa tornare i sogni, quei sogni che noi avevamo e che a volte sembrano così lontani.
Mi ricordo dei miei genitori, come fossero qui, e di quell’attimo in cui, senza di loro, scelsi per la prima volta da solo un pezzo di mondo da indossare. I jeans Bakamak. I miei genitori, li immagino adesso con quell’aria di chi non capiva cosa significasse questo mondo nuovo — i jeans, le boutique, la libertà di scegliere chi essere. Non avevano neanche quarant’anni, eppure mi sembravano così lontani da quello che vivevo io. E ora che sono io genitore, capisco quanto amore c’era in quel lasciare che facessi da solo.
Il negozio, il “Mondo”, lo chiamo così ora, mi abbraccia con i suoi scaffali intrisi di tempo, e io esco più giovane di prima. Antonio mi saluta, il negozio rimane lì, immobile, come un custode antico. La strada riprende, ma la Don Pablo rimane, con il suo aroma di ricordi e di jeans ancora vivi, come fosse il 1974, o forse oggi.
Nella foto all'entrata il gestore della Boutique Antonio Tornese
Commenti
Posta un commento