Intervista al Dott. Antonio Bruno giornalista, sulla narrazione delle elezioni

 


Intervista al Dott. Antonio Bruno giornalista, sulla narrazione delle elezioni

Intervistatore: Buongiorno, Dott. Bruno, e grazie per essere con noi oggi. Leggendo la stampa sulle recenti elezioni in Liguria, sembra che si utilizzino metafore tipiche dei reportage di guerra: ci sono “sconfitte”, “vittorie” e “alleanze” volte a “battere il nemico”. Qual è il suo punto di vista a riguardo?

Dott. Antonio Bruno: Buongiorno, grazie a voi. È vero, la narrazione giornalistica di queste elezioni ma direi ogni volta che ci sono le elezioni, ha assunto un linguaggio bellico che, di fatto, riporta i resoconti elettorali al clima di una battaglia campale. Si parla di alleanze come di schieramenti contrapposti, di “campo di battaglia” politico, e i risultati vengono descritti con i termini di “vittoria” e “sconfitta”, proprio come in un conflitto. Questa retorica, però, rischia di distorcere la percezione del processo elettorale, facendoci perdere di vista il vero obiettivo delle elezioni.

Intervistatore: Secondo lei, qual è l’aspetto che i giornali dovrebbero evidenziare?

Dott. Antonio Bruno: Il ruolo fondamentale delle elezioni dovrebbe essere la selezione di cittadini che si assumono la responsabilità di garantire il benessere collettivo, attraverso la gestione delle risorse pubbliche e la redistribuzione della ricchezza. Purtroppo, però, tutto questo non appare. Non troviamo quasi mai un’analisi che si interroghi su quali soluzioni strutturali potrebbero aiutare a migliorare la vita dei cittadini o su quali politiche di redistribuzione della ricchezza potrebbero ridurre le disuguaglianze sociali. Al contrario, leggiamo solo resoconti incentrati sul “come vincere” o “come evitare di perdere”, come se le elezioni fossero una gara fine a sé stessa, e non uno strumento di governo e servizio alla cittadinanza.

Intervistatore: Quindi, secondo lei, ci sarebbe un’inclinazione della stampa verso una logica competitiva e poco costruttiva?

Dott. Antonio Bruno: Sì, assolutamente. Basti guardare alla copertura mediatica dell’astensione in Liguria, che ha superato la metà degli aventi diritto. Questo fenomeno, che avrebbe meritato un’attenzione critica e una riflessione profonda, è passato in secondo piano rispetto alla corsa alla vittoria o alla sconfitta dei partiti e delle coalizioni. La disaffezione dei cittadini dovrebbe essere un campanello d’allarme per tutta la classe dirigente. E invece, nei media, viene trattata come una semplice nota a margine.

Intervistatore: Anche intellettuali e professori universitari sembrano concentrarsi su questa visione “bellica” della politica. Perché, secondo lei?

Dott. Antonio Bruno: Sì, è sorprendente. Persino le analisi di noti intellettuali finiscono per concentrarsi sulle strategie vincenti: come vincere attraverso alleanze, come compattarsi, come evitare di sbagliare. Ma manca una riflessione che vada oltre, che metta in luce la necessità di riformare la politica per renderla uno strumento di miglioramento sociale, capace di attrarre nuovamente i cittadini al voto. Invece, l’attenzione è su chi vince e come, non su cosa comporta la vittoria e per chi.

Intervistatore: Lei ha citato l’importanza di responsabilità collettiva e redistribuzione della ricchezza. Crede che una maggiore enfasi su questi temi potrebbe fare la differenza?

Dott. Antonio Bruno: Senza dubbio. Una politica che parli di redistribuzione della ricchezza per favorire il benessere collettivo sarebbe un modo per ricreare il legame tra elettori e rappresentanti. Abbiamo esempi internazionali, come le campagne che puntano su messaggi di unione e di progresso sociale, e che riescono a riportare le persone alle urne. Ma qui, in Italia, sembra che questo potenziale venga soffocato da strategie di piccolo cabotaggio e da veti incrociati. Le elezioni dovrebbero essere un momento di grande partecipazione e speranza per un futuro migliore, non una guerra tra fazioni.

Intervistatore: Crede che i partiti possano cambiare approccio?

Dott. Antonio Bruno: È una sfida. I partiti che si definiscono di centro-sinistra continuano a frammentarsi per questioni interne legate alla competizione per il predominio sugli altri partiti della sinistra stessa, come abbiamo visto in Liguria, tradendo i valori di libertà, uguaglianza e fraternità su cui dovrebbe fondarsi la loro azione politica e dimostrando di non essere diversi dalla destra. Nutro la speranza che possano VERGOGNARSI per tutto ciò che hanno fatto e continuano a fare, così da rivedere i loro comportamenti e orientarsi verso una collaborazione inclusiva, sia tra loro che con tutti i cittadini. Per quanto riguarda i partiti di destra, che orgogliosamente rivendicano la loro cultura patriarcale della competizione, non credo ci siano le condizioni per considerare le mie riflessioni: infatti, il centro-destra, nonostante le differenze, riesce a ricompattarsi al momento del voto. Forse è il momento per i partiti di considerare meno le rivalità interne e di concentrarsi di più sui bisogni dei cittadini. Allo stesso tempo, sarebbe opportuno che la stampa smettesse di incentrare i suoi racconti sulle “sconfitte” o le “triplici vittorie” e spostasse l’attenzione verso i temi reali e concreti che riguardano la vita delle persone.

Intervistatore: Grazie, Dott. Bruno, per questa sua analisi ricca di spunti di riflessione. Speriamo che anche i media e i partiti possano tenere conto di questi aspetti.

Dott. Antonio Bruno: Grazie a voi. Il compito della stampa è proprio questo: raccontare la verità e, quando serve, aiutare a riflettere su come migliorare la società, non solo riportare chi ha vinto o perso.

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