Il filo rosso invisibile
Il filo rosso invisibile
Il filo rosso è sottile, invisibile, ma c'è. Lo sentivano entrambi, anche quando facevano finta di non accorgersene. Era una presenza costante, silenziosa ma vibrante, che attraversava gli anni e i momenti della loro vita.
28 novembre 2007, 02:55.
“Cara Isabella,
eppure qualcosa deve esserci... non prendo sonno e non mi viene da andare a letto... eppure sono tranquillo, tutte le mie cose scorrono tranquillamente... lavoro con serenità e ricevo belle proposte... ma non ho sonno, ti penso, ti desidero... c'è qualcosa nell'aria che non so... che percepisco ma che non so spiegare...”
Prese fiato. Ogni parola era vera, eppure sentiva che mancava qualcosa.
“Non nei grandi, ma nei piccoli problemi è la catastrofe,” continuò a digitare, il flusso dei pensieri trasformato in lettere. “Correggere. Armonizzare. Non far pesare i tuoi dubbi. Ribellione. Anche un ritardo è sincronico. Nuovi pensieri, vecchi pensieri rinnovati. Parlano le cose intorno a te...”
Era così. Il mondo parlava, anche quando Isabella taceva. Pietro sospirò, inviò il messaggio e si lasciò cadere sul letto. Ma non trovò sonno.
Quella stessa notte, Isabella era sveglia. Non riusciva a dormire, e non sapeva perché. Il telefono vibrò dolcemente accanto a lei, spezzando il silenzio della stanza. Un messaggio di Pietro. Lei lesse, e poi rilesse. Le sue parole avevano un peso diverso, come se fossero state scritte non solo per lei, ma per quell’eterno filo rosso che continuava a unirli.
“Anche io non son riuscita a dormire questa notte! Non so perché!” rispose, quasi senza pensarci. Ma lo sapeva bene, in fondo. Non dormiva perché lo sentiva.
C’era stato un tempo in cui erano sconosciuti. Si erano incrociati per caso, un incontro come tanti, senza previsioni, senza promesse. Eppure, dal primo scambio di sguardi, quel filo invisibile aveva iniziato a tessere la sua trama.
Da sconosciuti a innamorati. La magia era stata rapida, irresistibile. Risate leggere, notti passate a parlare fino all’alba, mani che si cercavano senza esitazione. E poi… poi le cose erano cambiate. O forse erano loro a essere cambiati. La quotidianità aveva portato dubbi, incomprensioni, silenzi.
“Ma guardaci adesso,” pensava Pietro, rileggendo la risposta di Isabella la mattina dopo. “Che cosa siamo diventati? Da innamorati a sconosciuti, tipo ‘passi e manco mi saluti’, ma dai!”
La giornata scorreva lenta, come se il tempo stesso si fosse messo a osservare quel filo rosso, chiedendosi se avrebbe resistito o se si sarebbe spezzato. Pietro e Isabella, ciascuno dal proprio angolo di mondo, vivevano quella giornata con un peso diverso.
Pietro, immerso nel lavoro, pensava a quel filo come a un cavallo selvaggio che una volta aveva cavalcato con passione, ma che ora gli sfuggiva. Isabella, tra le sue faccende, si chiedeva se fosse possibile cambiare l’educazione di un cuore ormai addomesticato dalla paura. Eppure, sotto tutto, c’era quella consapevolezza silenziosa: non era finita.
Quella sera, Pietro trovò il coraggio. Si fermò davanti al portone di Isabella con una rosa rossa in mano. Non era una dichiarazione. Non era una promessa. Era solo un gesto, un piccolo passo verso quella sincronicità che sembrava governare il loro legame.
Isabella aprì la porta e lo guardò. Non c’erano parole da dire, non subito. Il filo rosso non aveva bisogno di spiegazioni.
“Non so come siamo arrivati qui,” disse Pietro, “ma so che qualcosa c’è ancora.”
Isabella lo osservò per un attimo infinito, poi accettò la rosa con un sorriso lieve. Il filo si tese, vibrazioni che attraversarono l’aria. Era una seconda possibilità. E a volte, era tutto ciò che serviva per ricominciare.
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