Il linguaggio e la conoscenza: come costruiamo il nostro mondo

 


Il linguaggio e la conoscenza: come costruiamo il nostro mondo

Di Antonio Bruno

Ci avete mai pensato? La maggior parte di noi vive ogni giorno come se la realtà fosse una cosa fissa, qualcosa che c'è lì fuori, indipendente da noi, che dobbiamo solo imparare a conoscere. Ma che succederebbe se vi dicessi che non è così semplice? Se non ci fosse l’altro, come direbbe il filosofo cinese Chuang-tsu, non ci sarebbe nemmeno l'io. In altre parole, per sapere chi siamo, dobbiamo confrontarci con gli altri. E questo processo di confronto passa attraverso il linguaggio.

Immaginate di entrare in una stanza buia, dove non c'è nessuno a dirvi cosa sta succedendo. In quel momento, non sapreste nemmeno dove siete, cosa succede, chi siete. Ecco, il linguaggio è un po' come una luce che accendiamo per capire meglio noi stessi e il mondo. E quando parliamo, non facciamo solo un favore a chi ci ascolta, ma anche a noi stessi, perché creiamo la nostra esperienza del mondo. Le parole, in questo senso, non sono solo segni, ma strumenti per costruire la realtà.

Questo è quello che ci racconta Humberto Maturana, il mio Magister che ha studiato come funziona la mente umana. Lui dice che ogni organismo è "informazionalmente chiuso", cioè non possiamo conoscere il mondo solo come è veramente. Noi vediamo il mondo attraverso i nostri occhi, filtrato dalle esperienze che abbiamo vissuto, da ciò che ci hanno insegnato, dalle parole che usiamo. La nostra conoscenza è costruita, non una copia perfetta di qualcosa che esiste là fuori.

Fateci caso: ogni volta che vediamo qualcosa, in realtà stiamo facendo delle scelte. Immaginate di guardare una nuvola nel cielo. A qualcuno sembra una forma di drago, ad altri un cuore, ad altri ancora un castello. Non c’è un drago, un cuore o un castello davvero. C'è solo una nuvola, ma la nostra mente fa delle distinzioni, ci dà dei significati. E questo processo di "distinguerla" non è altro che un modo di costruire la realtà. Noi non siamo mai passivi spettatori del mondo, ma costruttori attivi di ciò che vediamo, ascoltiamo, tocchiamo.

Ora, se pensiamo alla storia della filosofia, vediamo che ci sono stati molti pensatori che ci hanno detto che la conoscenza deve essere oggettiva, cioè deve essere indipendente da noi. Dobbiamo cercare la "verità" come se fosse qualcosa di esterno, che non dipende da chi siamo o da come vediamo le cose. Ma questi pensatori si sono scontrati con un grosso problema: è impossibile conoscere tutto in modo assoluto. La verità non è mai una cosa che possiamo afferrare senza il nostro punto di vista.

Per esempio, quando impariamo a fare qualcosa di nuovo, non è che da subito conosciamo tutte le regole. Lo scopriamo facendo, sbagliando, imparando, e così via. E questo è lo stesso principio che vale per tutto: la conoscenza cresce con il tempo, insieme agli altri, attraverso il linguaggio e le esperienze che viviamo.

In fondo, non è forse così che impariamo davvero chi siamo? Non è forse attraverso le parole degli altri, i discorsi, le esperienze condivise che facciamo il nostro mondo? Ogni volta che parliamo, ogni volta che ci confrontiamo con un altro, costruiamo insieme un significato, una verità che non è mai assoluta, ma sempre in movimento, come noi.

Quindi, la prossima volta che parli con un amico, non dimenticare che stai partecipando a qualcosa di molto più grande di una semplice conversazione. Stai costruendo insieme un pezzo di realtà, stai arricchendo il tuo modo di vedere il mondo. E questo scambio continuo, fatto di parole e pensieri, è la chiave per capire non solo gli altri, ma anche te stesso.

Antonio Bruno

 

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