La fiducia che manca e la società che ne soffre

 


La fiducia che manca e la società che ne soffre

Di chi si fidano le persone? È una domanda che, in tempi di incertezze globali e locali, assume un significato fondamentale. La fiducia è il tessuto che tiene insieme la società, il collante invisibile che rende possibile la coesione sociale. Eppure, come il politologo Francis Fukuyama ci ricorda, la fiducia è un bene prezioso: si costruisce lentamente, ma si perde in un attimo. È un capitale sociale che, se non curato, si dissolve, lasciando in eredità sfiducia, divisione e incertezza.

La fiducia, insomma, è il motore che fa funzionare qualsiasi gruppo o organizzazione, ed è ancor più cruciale in una società frammentata e attraversata da mille dubbi. Oggi, più che mai, è un meccanismo che permette di ridurre la complessità sociale, orientando le nostre scelte e i nostri comportamenti. Le professioni che suscitano maggiore fiducia nell’opinione pubblica sono quelle che, per definizione, sono percepite come «oneste» e impegnate a servire il bene comune. In cima alla classifica, a livello globale, ci sono i medici, gli scienziati, gli insegnanti e, sorprendentemente, i camerieri dei ristoranti. In Italia, l'ordine è simile, ma con qualche differenza: dopo anni di fiducia nei medici, oggi sono gli scienziati a conquistare il primo posto, seguiti dagli insegnanti e dalla polizia. Questi risultati parlano chiaro: le categorie professionali più rispettate sono quelle che direttamente incidono sul benessere e sulla sicurezza delle persone.

Ma il quadro cambia quando si scende verso il fondo della classifica, dove le cose si fanno più gravi. I politici, che un tempo godevano di una posizione di fiducia, oggi sono relegati all’11%. Un dato che non sorprende più di tanto, se pensiamo alla crescente distanza tra il politico e il cittadino, spesso intesa come sintomo di un distacco dalla realtà e dalle esigenze quotidiane. La stessa sorte tocca agli influencer, che, pur essendo stati i protagonisti di un’era digitale, sono scivolati anch’essi all’11%, condividendo il primato della sfiducia con i politici. Eppure, a quanto pare, nemmeno i giornalisti e gli speaker dei telegiornali riescono a risollevare la loro immagine: rispettivamente al 22% e al 23%. Il discredito nei confronti delle professioni legate all’informazione è un segnale inquietante, che fa pensare a un disfacimento della fiducia nei meccanismi di trasparenza e verità, componenti essenziali di una società sana.

La situazione non migliora quando si guarda al mondo economico: imprenditori e banchieri non suscitano molta più fiducia, anzi, restano ancorati a livelli bassissimi, rispettivamente al 25% e al 21%. Nonostante l'importanza economica di queste figure, la loro credibilità è minata da scandali, abusi di potere e crisi sistemiche che, purtroppo, caratterizzano anche l'Italia. E se non bastasse, il mondo ecclesiastico non sfugge alla regola, con una fiducia che non supera il 23%, segno di un progressivo smarrimento nei valori spirituali e morali che dovrebbero rappresentare il faro di una società.

Il filosofo scozzese Alasdair MacIntyre, parlando di pratiche professionali, ci ricorda che la fiducia deve essere guadagnata attraverso l’eccellenza e l’integrità. Tuttavia, oggi assistiamo a una crisi di fiducia che coinvolge quelle stesse categorie professionali fondamentali per il futuro di una nazione. Imprenditori, banchieri, magistrati, giornalisti: tutte categorie che, invece di rappresentare un modello di competenza ed eticità, rischiano di sembrare parte del problema.

Il risultato di questa generale sfiducia è un progressivo disfacimento del tessuto sociale. Il paese perde la sua coesione, e con essa il senso di identità e di bene comune. La fiducia nelle istituzioni è, infatti, la base della stabilità di una democrazia. Un paese in cui la fiducia scende sotto una certa soglia è un paese che rischia di costruire il suo futuro su colonne di sabbia, fragili e instabili. Se non invertiamo questa rotta, l’Italia e il resto del mondo si troveranno a fare i conti con una frattura sociale che potrebbe essere irreparabile.

La fiducia, come ricorda Fukuyama, è il lubrificante che fa funzionare il sistema. Senza di essa, il meccanismo sociale si inceppa. È tempo di riflettere su come ricostruirla, perché solo così potremo affrontare con solidità le sfide del futuro.

Un’analisi dei dati Ipsos

Di chi si fidano le persone? È una domanda che si pone con sempre maggiore frequenza in un mondo attraversato da incertezze, conflitti e divisioni. La fiducia è la linfa vitale che tiene insieme una società, ma è anche un bene estremamente fragile: si costruisce con lentezza, ma si perde rapidamente. Come ha sottolineato il politologo Francis Fukuyama, la fiducia è il lubrificante che fa funzionare qualsiasi organizzazione o gruppo. Ma, in un’epoca di incertezze globali, essa diventa ancor più cruciale, fungendo da meccanismo che aiuta a ridurre la complessità sociale e a orientare i comportamenti collettivi.

Secondo un’indagine globale condotta da Ipsos in 32 paesi, i dati sulla fiducia sono illuminanti. In cima alla classifica mondiale troviamo figure professionali come i medici (58%), seguiti dagli scienziati (56%) e dagli insegnanti (54%). Le persone che lavorano nei ristoranti, come i camerieri, arrivano a un sorprendente 44%, seguiti dalle forze armate (43%), dalla polizia e dai magistrati, tutti con un punteggio di affidabilità del 38%. Questi numeri ci dicono molto su come l’opinione pubblica veda figure impegnate quotidianamente nell’assistenza, nell’educazione e nella sicurezza. In un mondo sempre più complesso, sono queste le professioni che, più di altre, vengono percepite come degne di fiducia.

L’Italia non fa eccezione, ma presenta qualche differenza interessante. Secondo gli stessi dati Ipsos, se per anni i medici erano al primo posto, oggi gli scienziati li hanno superati, raggiungendo il 61% di fiducia. Gli insegnanti, con il 47%, si confermano tra le categorie più affidabili, seguiti dalla polizia, che ha visto crescere la propria fiducia al 40%, superando le forze armate (39%). Un dato che forse riflette anche il maggiore coinvolgimento delle forze dell’ordine nelle problematiche quotidiane dei cittadini. Le forze armate, infatti, restano percepite come lontane dalla vita di tutti i giorni, e la loro fiducia non cresce come quella delle forze di polizia.

Ma, se da un lato troviamo ancora figure professionali che ispirano una discreta fiducia, il quadro cambia radicalmente quando scendiamo verso il fondo della classifica. Qui, secondo l’indagine Ipsos, la fiducia nei politici è ai minimi storici, con solo l’11% degli italiani che si dichiara favorevole. Un dato che, purtroppo, non sorprende più di tanto: è difficile immaginare una professione che, negli ultimi anni, abbia perso così tanto terreno in termini di credibilità. Ma i politici non sono soli in questa caduta libera. Anche gli influencer, che pochi anni fa dominavano le classifiche di gradimento, oggi si trovano nella stessa fascia di sfiducia, con appena l’11% di fiducia da parte della popolazione. E, a ruota, anche i pubblicitari, che si fermano al 15%, sono tra le categorie meno apprezzate.

Anche l’ambito dell’informazione non sembra godere di buona salute. Gli speaker dei telegiornali e i giornalisti ottengono punteggi molto bassi, rispettivamente del 22% e del 23%. Un dato che riflette una diffusa disillusione nei confronti di chi dovrebbe raccontare la verità e orientare l’opinione pubblica. Questi numeri sono emblematici di un fenomeno preoccupante: la disaffezione verso le istituzioni e i media è in crescita, e la fiducia nell’oggettività dell’informazione sta via via svanendo.

Nel mondo economico, la situazione non migliora. Secondo i dati Ipsos, imprenditori e banchieri ottengono solo il 25% di fiducia, segno che la popolazione ha difficoltà a vedere in queste figure un esempio di competenza ed eticità. Eppure, se guardiamo all’Italia, questa sfiducia non è un caso isolato: la situazione è simile anche in altri paesi, come gli Stati Uniti, la Germania, la Gran Bretagna, la Spagna e la Francia, dove la fiducia negli imprenditori e nei banchieri è altrettanto fragile. Questo dato indica chiaramente come, a livello globale, ci sia una crescente distanza tra le élite economiche e le persone comuni, spesso percepite come responsabili delle crisi economiche che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.

Anche l’ambito ecclesiastico, sebbene con qualche variazione, non sfugge alla regola. La fiducia nei sacerdoti si attesta al 23% in Italia, con punteggi simili in molti paesi europei, come la Francia (27%) e la Germania (24%). La crisi della fede nelle istituzioni religiose, in un’epoca segnata da scandali e omertà, è un fenomeno che trascende i confini nazionali, e le istituzioni religiose stanno pagando il prezzo di una fiducia venuta meno.

La questione che ci si deve porre è che, come ci ricorda il filosofo scozzese Alasdair MacIntyre, la fiducia nelle pratiche professionali si guadagna con l’eccellenza e l’integrità. Eppure, oggi assistiamo a una crisi di credibilità che coinvolge quelle stesse professioni che dovrebbero rappresentare l’avanguardia di una società prospera e giusta. Se le figure centrali per il futuro di una nazione – come gli imprenditori, i banchieri, i giornalisti, i magistrati e i politici – sono percepite come inaffidabili, allora è a rischio la stabilità stessa del tessuto sociale.

In sintesi, la fiducia, così come rilevata dall’indagine Ipsos, è il termometro della salute di una società. Un paese che vive in uno stato di diffidenza cronica sta costruendo il proprio futuro su fondamenta fragili, come se il cemento stesso della coesione sociale fosse corroso dall’indifferenza, dal sospetto e dalla disillusione. È urgente invertire la rotta, perché solo un ritorno alla fiducia reciproca, al rispetto delle istituzioni e alla responsabilità individuale e collettiva può garantire un futuro solido e prospero.


https://www.ipsos.com/it-it/fiducia-istituzioni-organizzazioni-settori-affidabili

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