"Il Treno del Tempo Perduto"


 "Il Treno del Tempo Perduto"

Isabella e Pietro non si vedevano da venticinque anni. Avevano vissuto un’intensa storia d’amore nei loro vent’anni, una passione che bruciava come il fuoco, ma la vita li aveva separati, portandoli a scelte e destini diversi. Ora, entrambi con le proprie famiglie, si erano imbarcati su un viaggio che attraversava mezzo mondo, senza sapere che il destino li avrebbe messi di nuovo di fronte l’uno all’altra. Il viaggio in treno più lungo del mondo, dal Portogallo a Singapore, era per entrambi un sogno: ventuno giorni a bordo, attraversando tredici paesi, città affascinanti e deserti sconfinati.
Isabella, seduta accanto al finestrino, osservava il paesaggio sfilare veloce. Era una donna ormai, con un matrimonio alle spalle, un figlio adolescente e un nuovo inizio che faticava a prendere forma. C’era una sottile malinconia nel suo sguardo, un pensiero lontano che ogni tanto ritornava, specialmente ora, mentre il treno correva come il tempo, come quel passato che si portava dietro. Pensava a Pietro, a quell’amore lontano, a quelle emozioni giovani e incandescenti. E si chiedeva cosa ne fosse stato di lui. Aveva smesso di cercarlo, a un certo punto, convinta che fosse l'unico modo per lasciarsi il passato alle spalle.
Nel frattempo, in un altro vagone, Pietro osservava i volti dei passeggeri attorno a lui. C’erano famiglie, coppie e viaggiatori solitari, e ognuno portava con sé un pezzo di vita, una storia unica. Pietro aveva una famiglia anche lui, ma c’era qualcosa di irrisolto nel suo cuore. Si ricordava di Isabella, di quegli anni in cui il mondo sembrava non aver confini e l’amore era tutto ciò che contava. Lei gli aveva insegnato cosa significava amare, e quella lezione, nonostante tutto, non l’aveva mai dimenticata.
Il treno fece tappa in Francia. Scese con la sua famiglia per visitare un piccolo borgo, e non sapeva che proprio lì, pochi metri più avanti, c’era Isabella. Camminarono entrambi nel mercato, tra bancarelle colorate e l’odore di pane appena sfornato. Pietro la notò per primo. Gli ci volle qualche istante per riconoscerla. Isabella sembrava uguale eppure diversa, più matura, più donna, ma con quegli stessi occhi vivaci che l’avevano stregato.
«Isabella?» la chiamò, incerto.
Lei si voltò, incredula. Un misto di sorpresa, stupore, e forse, in fondo agli occhi, anche paura. Paura di riaprire quella porta chiusa tanti anni prima. Eppure, una volta incrociato il suo sguardo, tutto ciò che aveva nascosto così a lungo emerse come un’onda inarrestabile. L’impatto fu tale da lasciarla senza parole, e sentì il cuore battere come allora, in quei giorni in cui Pietro era il suo intero mondo.
Si ritrovarono seduti su una panchina, in una pausa fugace dalle loro famiglie, mentre il treno li aspettava per proseguire. Era difficile capire da dove cominciare. Il tempo sembrava essersi piegato, accorciando i venticinque anni di distanza come se non fossero mai passati. Si raccontarono delle vite costruite senza di loro, dei figli, dei sogni infranti, e delle speranze che ancora li muovevano.
«Perché non siamo riusciti a rimanere insieme, Pietro?» chiese lei a bassa voce, con un nodo alla gola. La domanda era rimasta sospesa nell’aria per troppi anni, e ora esigeva una risposta.
Pietro abbassò lo sguardo. «Eravamo giovani, impulsivi… forse non eravamo pronti a capire cosa avevamo tra le mani. Ma… ti ho pensato spesso, sai?»
Le sue parole caddero dolci e amare insieme, riaprendo ferite che Isabella aveva sepolto per così tanto tempo. Eppure, c’era anche un calore nuovo, una possibilità che non osavano definire.
Il viaggio proseguì. Ogni fermata era un’occasione per rivedersi, scambiarsi sguardi e sorrisi segreti, momenti rubati al tempo. Attraversarono insieme città sconosciute, si perdettero tra la folla, come se fossero di nuovo i ragazzi di allora.
A volte, seduti accanto nei vagoni del treno, i loro sguardi si cercavano in silenzio. Entrambi provavano lo stesso turbamento, la stessa paura e lo stesso desiderio. Tornare insieme, dopo tutto quel tempo, era possibile? Eppure, più passavano i giorni, più era chiaro che non erano pronti a lasciarsi andare del tutto. C’era troppo in gioco: vite costruite, legami che non potevano essere spezzati con leggerezza.
Arrivati in Russia, immersi nel paesaggio sterminato della Siberia, Pietro le prese la mano per la prima volta. Un gesto semplice, ma che fece riemergere tutta la passione, la dolcezza e la forza che avevano condiviso un tempo. Lei non la ritirò; invece, intrecciò le sue dita alle sue, in un silenzio carico di significato.
«Ci sono ancora tante cose che vorrei dirti, ma non so se dovrei...» mormorò lui, il viso vicino a quello di Isabella.
«Forse alcune cose è meglio non dirle,» rispose lei, con un filo di voce. Ma i loro occhi si dissero tutto: il dolore per il tempo perduto, il desiderio di un futuro impossibile, la gioia e la malinconia di quel momento sospeso.
Quando il treno arrivò a Singapore, entrambi sapevano che quel viaggio sarebbe stato indimenticabile. Non sapevano se avrebbero avuto il coraggio di tornare insieme. Ma sapevano che si erano ritrovati e che, in qualche modo, erano ancora legati.
Si salutarono con una promessa, quella di non lasciar passare altri venticinque anni senza cercarsi.

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