Intervista al Dott. Antonio Bruno su scienza, poesia ed umanesimo
- Ottieni link
- X
- Altre app
Intervista al Dott. Antonio Bruno su scienza, poesia ed umanesimo
Intervistatore: Buongiorno, Dottor Bruno. La ringraziamo per averci concesso questa intervista. È sempre interessante ascoltare le sue riflessioni, e devo dire che, leggendo i suoi lavori, non si può fare a meno di notare una complessa danza di concetti. Come riesce a bilanciare il suo lato scientifico, poetico e umanista?
Dott. Antonio Bruno: Grazie a voi per l'invito. In realtà, il mio percorso si è sempre mosso su più strade, e mi piace pensare che scienza, poesia e umanesimo non siano mondi separati, ma fili intrecciati di una stessa trama. La scienza mi dà le basi, la poesia mi spinge oltre e l’umanesimo mi ancora alla realtà dei rapporti e delle emozioni umane. Sento che, così come in un organismo autopoiético (autopoietico), ogni parte si sostiene e si giustifica nell'altra.
Intervistatore: Parlando di autopoiesi, lei sostiene che la definizione di “sistema autopoiético” possa essere percepita come “crudele” alla nostra vanità. In che senso la concezione biologica della vita potrebbe turbare le nostre visioni di noi stessi come esseri speciali?
Dott. Antonio Bruno: È un punto delicato. L’autopoiesi ci invita a riflettere su come ogni essere vivente sia, in fondo, un sistema chiuso di processi molecolari in continua auto-produzione, che crea il proprio ambiente e se stesso. È una visione affascinante e potente, ma è anche destabilizzante perché ci costringe a riconoscere che non siamo più “elevati” o separati dalla natura. Siamo protobi, all'inizio, e da lì nasce tutto. La vanità di sentirci “speciali” come specie non regge davanti alla logica pura della biologia.
Intervistatore: Questo approccio sembra entrare in contraddizione con le convenzioni sociali e le istituzioni. Lei parla della famiglia come il luogo originario di amore e umanità, eppure ritiene che spesso le istituzioni non riflettano o sostengano questo aspetto. Perché?
Dott. Antonio Bruno: La famiglia è uno spazio unico per lo sviluppo umano, un luogo di condivisione di emozioni profonde, conversazioni, e coordinazioni quotidiane che costituiscono ciò che siamo. Eppure, come ho scritto altre volte, le istituzioni sembrano spesso ignorare la complessità emotiva e biologica di questo legame. In particolare, il linguaggio istituzionale e legale è spesso influenzato da teorie che negano l’“Amore di Papà” e attribuiscono il ruolo genitoriale principalmente alla madre. È un problema culturale, che si alimenta di stereotipi, e che le leggi e le politiche continuano a sostenere.
Intervistatore: Quando parla di "Amore di Papà", sembra voler sottolineare la specificità e l’importanza della figura paterna, non come “genitore sostituto” ma come figura insostituibile. È corretto?
Dott. Antonio Bruno: Assolutamente. L’amore paterno è qualcosa di unico e prezioso per un bambino, eppure, soprattutto in contesti legali come quelli dei tribunali di famiglia, spesso è visto come meno rilevante rispetto a quello materno. Questo è in parte dovuto a vecchi pregiudizi e a una tradizione culturale che non ha aggiornato la sua visione del ruolo del padre nella crescita dei figli. L’amore di un padre è diverso da quello di una madre, ma è altrettanto essenziale per lo sviluppo armonico dei figli.
Intervistatore: Ha parlato spesso della necessità di una revisione delle leggi e delle istituzioni. Quali cambiamenti crede siano necessari per rispondere a questa visione più bilanciata del ruolo genitoriale?
Dott. Antonio Bruno: La prima cosa è riconoscere la parità di entrambi i genitori nella relazione con i figli. Dovremmo eliminare ogni forma di discriminazione basata sul genere e sviluppare un linguaggio legale e sociale che valorizzi la co-genitorialità. Ciò significa modificare le leggi che oggi privilegiano un genitore a scapito dell’altro, e promuovere una cultura giuridica che riconosca le emozioni e i bisogni dei bambini in maniera più ampia e umana.
Intervistatore: Parlando di emozioni, una delle affermazioni di Humberto Maturana che lei cita frequentemente è: "L’amore è il condursi in modo tale che l’altro emerga nella sua legittimità". Come si collega questo concetto al ruolo dei genitori e alla loro funzione educativa?
Dott. Antonio Bruno: Questa affermazione di Maturana ci riporta all’essenza dell’educazione e del rapporto genitore-figlio. Condurre un figlio “nella sua legittimità” significa rispettare la sua identità, permettendogli di esprimersi liberamente come “altro” e non come un’estensione di sé stessi. Questo approccio implica una guida basata sull’amore e sul rispetto reciproco, senza egoismi o imposizioni. Il bambino ha bisogno di vedere riconosciuta la sua legittimità, proprio come il genitore ha bisogno di sentire riconosciuto il proprio ruolo, indipendentemente dal genere.
Intervistatore: Questo percorso suona come una vera e propria rivoluzione educativa. Crede che la società sia pronta a questo cambiamento?
Dott. Antonio Bruno: La società ha bisogno di evolversi, sì, ma è pronta solo se ci sono individui e movimenti disposti a lottare per il cambiamento. Finché i pregiudizi dominano le nostre istituzioni, sarà difficile. Tuttavia, è compito di chi ha consapevolezza lavorare per rendere questa rivoluzione una realtà. Le sfide sono molte, ma il desiderio di essere riconosciuti, come genitori e come persone, nella propria legittimità e autenticità è un diritto fondamentale, che ci spinge a non fermarci.
Intervistatore: Un’ultima domanda: se dovesse dare un consiglio ai genitori e alle famiglie che stanno lottando per essere riconosciuti in questa legittimità, cosa direbbe?
Dott. Antonio Bruno: Direi loro di non perdere la speranza e di continuare a lottare. La giustizia, come l’amore, non sempre segue percorsi lineari, ma è attraverso la nostra perseveranza e il nostro amore per i figli che possiamo cambiare le cose. Non lasciamoci scoraggiare dai sistemi, siamo genitori e il nostro amore è la nostra forza più grande.
- Ottieni link
- X
- Altre app
Commenti
Posta un commento