"hermano"

 


Vito mi chiama "hermano". Lo riconosco solo quando si ferma al semaforo, i pantaloni corti e una signorina al suo fianco. La sua voce gioca tra il serio e il divertito: "Non voglio essere inseguito da un hermano! Non camminare dietro a me!". Sorrido, colto di sorpresa: "Davvero! Non ti ho riconosciuto!".

Ci scambiamo poche frasi, aggiornamenti veloci come le auto che sfrecciano accanto a noi. La nostra ultima chiacchierata risale a un tempo lontano, quasi fosse un altro mondo. Poi, con un'intensità inaspettata, Vito mi chiede: “Che hai deciso? Di tornare a vivere come quando eri bambino?”.
Quelle parole sono un colpo al cuore, un eco che rimbalza dentro di me. La mia mente si riempie di immagini: i pomeriggi trascorsi a correre nelle campagne adiacenti a casa mia, le risate spensierate, i sogni che sembravano infiniti. Sento la colonna sonora di Ennio Morricone, capace di trasformare il presente in un film nostalgico, dove il passato e il futuro si intrecciano.
“Non so se posso tornare indietro”, rispondo, quasi a confutare l'idea, “ma sento di avere bisogno di recuperare parte di quella leggerezza”. Vito annuisce, la sua comprensione è palpabile. “Forse non è un ritorno, ma un'integrazione”, suggerisce, “portare con noi ciò che eravamo e ciò che siamo diventati”.
Le sue parole mi avvolgono come un caldo abbraccio. Mentre ci salutiamo, una nuova consapevolezza si fa strada dentro di me: la vita è un viaggio fatto di continui ritorni e nuove partenze. E a volte, bastano pochi istanti e un incontro casuale per ridare significato a ciò che credevamo perduto.
Con il cuore leggero e un sorriso che mi accompagna, riprendo la strada verso casa, pronto a esplorare le praterie sconfinate del mio futuro, con l'infanzia nel cuore e la saggezza di un adulto che finalmente ha riaperto gli occhi.

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