"Vivimi Senza Paura" (racconto) Antonio Bruno Vivimi Biagio Antonacci

"Vivimi Senza Paura"

Era una mattina di settembre, una di quelle in cui l'aria sembra sospesa, come se il tempo non avesse fretta di scorrere. Mi ero svegliato presto, anche se non dovevo. Non avevo appuntamenti, nessun impegno in agenda, eppure qualcosa dentro di me mi spingeva a muovermi, ad alzarmi, a cercare. Non sapevo cosa, ma sentivo un vuoto che chiedeva di essere colmato.

Poi, c'era lei. Non l'avevo programmato, non l'avevo cercato, ma quando l'ho incontrata, ho capito. Non si trattava di un semplice incontro, era come se il mondo intero fosse stato preparato solo per quel momento. I suoi occhi, così vivi, parlavano un linguaggio che capivo solo io. Un linguaggio che non aveva bisogno di parole. E da quel momento, ogni cosa ha iniziato a cambiare.

“Vivimi” mi diceva senza dirlo. Non era una richiesta, era un bisogno. E io ci sono caduto, in quello spazio che aveva aperto dentro di me. Uno spazio che non sapevo neanche di avere. Mi illuminava. Dentro e fuori. Era come se la sua presenza avesse acceso una luce in ogni angolo buio che avevo sempre evitato di guardare. Mi stava portando in luoghi di me stesso che non avevo mai esplorato.

Non avevamo bisogno di dirci molto. I nostri silenzi erano pieni di significato, di attese, di promesse non dette. Non c'era paura, solo il desiderio di viverci senza riserve, senza filtri. Eravamo due anime che, finalmente, si erano trovate. E in quel trovarsi, tutto sembrava avere un senso. Come se il mondo fuori fosse un palcoscenico e noi, gli attori protagonisti di una scena che non poteva fallire.

"Credimi," mi diceva lei, e io la credevo. Non avevo bisogno di altro. La sua presenza bastava. Ero libero, ma allo stesso tempo intrappolato in qualcosa di più grande di me, di più grande di noi. Non era una prigione, era una casa. Un rifugio. Il mio rifugio.

C'era qualcosa di magico nel modo in cui mi guardava. Mi faceva sentire diverso, migliore. Come se in qualche modo mi aveva ricreato. Ogni volta che ero con lei, sentivo di essere l'uomo che aveva sempre voluto essere, ma che non avevo mai avuto il coraggio di diventare. Lei mi faceva capire che la paura non aveva più posto nella mia vita.

E così, viviamo. Non sapevamo se sarebbe stata un'ora o una vita intera, ma non importava. Ogni istante con lei valeva più di qualsiasi cosa avessi mai conosciuto. Non c'era vergogna, non c'era paura. Solo il desiderio di esserci, di sentirci. Di colmare quei vuoti che entrambi avevamo portato dentro per troppo tempo.

Le aspettative degli altri, le regole non scritte, le voci che cercavano di dirci come dovevamo vivere, tutto si dissolveva quando eravamo insieme. Lasciavamo da parte le apparenze, prendevamo il senso. Quello vero. Quello che solo noi due capivamo.

Ogni giorno, lei apre in me qualcosa di nuovo. Era come vivere con la costante meraviglia di chi sta scoprendo il mondo per la prima volta. E ogni scoperta era una gioia, illimitata, senza fine.

"Mi inquadri e mi sposti," le dicevo scherzando, perché sapevo che lei era la regia. Era lei che aveva preso il controllo della mia vita, ma non mi dispiaceva. Anzi, era quello che avevo sempre desiderato senza saperlo.

Adesso lo sapevo. Lei era il mio quadro, dipingeva su quella parete bianca, un po' stanca, che ero diventato con il tempo. E non mi importava più di nulla, se non di vivermi attraverso i suoi occhi.

E così continuiamo, un passo dopo l'altro, sapendo che non ci sarà mai una fine. Perché certe storie, anche se sembrano scritte nel tempo, appartengono all'eternità. E noi siamo una di quelle storie.

Antonio Bruno


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