Sera di Settembre (racconto)

 

Sera di Settembre


Ci sono sere in cui il tempo sembra fermarsi, come se tutto l'universo si fosse raccolto in un unico respiro. È settembre, la stagione dei ritorni e degli addii, dei tramonti che s'infuocano e si spengono piano, come una carezza che scivola via dalle dita. E io, qui, con i miei pensieri che corrono più veloci di me, mi fermo. Ti penso.

Se chiudo gli occhi, sei lì. Presenza che m'attende, come il fulmine che squarcia il cielo e, per un istante, illumina la terra. Basta poco, una volta. Un sorriso, un'immagine fugace, e ti giuro, questo è il Paradiso. Non è nelle cose grandi che si trova la felicità, ma in quelle semplici, quelle che fanno battere il cuore senza rumore, come una pioggia leggera che cade nella notte.

La luce scende, s'inarca, e tutto si trasforma. È come se i raggi del sole penetrassero dentro, sconvolgessero ogni certezza, ogni dubbio. E in quell'attimo, mi rendo conto: la pace non è assenza di caos, ma la capacità di accoglierlo. È l'eterno restare, il comprendere che ciò che ho è esattamente ciò che voglio. Il resto del mondo si trasforma solo per farmi conservare questo. E così, tra il respiro di una parola e il battito di un pensiero, tutto si ferma. Solo tu resterai.

L'erotismo, dici bene, non è nel gesto, non è nel corpo. È nel pensiero. Il desiderio è quella forza invisibile che muove tutto. Non è la ginnastica del sesso che conta, ma il potere che la mente ha di trasformare un'assenza in presenza, di far vibrare l'aria anche quando siamo soli. Ed è lì, nella solitudine, che tutto diventa più chiaro.

Penso a te. A volte è quasi una rivelazione: certo che penso a te, nel giorno e nella notte, nel sole e nella pioggia. Sei quel buongiorno che non ha bisogno di parole, quella buonanotte che resta nel silenzio. Sei il respiro che accompagna ogni mio passo, la sensazione che mi lega a un sapore lontano, un ricordo che non smette mai di brillare. Sei tutto ciò che posso immaginare e tutto ciò che non riesco a spiegare.

E se tu mi chiedessi, a cosa sto pensando, ti risponderei senza esitazione: penso a te. Che altro potrei avere nella mente se non te? È una risposta che non ha bisogno di essere elaborata, perché è la verità più semplice che conosco. Tu sei quel mondo che mi gira intorno, la meta che non raggiungo mai ma che inseguo ogni giorno.

C'è qualcosa di profondo nello stare da soli. Mi chiedo se mai ti sei fermata, solo per ascoltare. Ascoltare il suono di una foglia che cade, il canto di un pescatore lontano, l'acqua che scorre o il battito del tuo stesso cuore. È in quella solitudine che scopriamo chi siamo davvero. E le ricchezze che trovi lì non possono essere comprate, non possono essere corrotte. Sono tue, per sempre.

Ma c'è anche una verità scomoda da imparare. Ad un certo punto, bisogna saper andare via. Io, che vorrei restare fino alla fine, fino all'ultimo respiro della festa, devo accettare che il distacco è necessario. Forse è vero, le persone amano più la mancanza che la presenza. Ci inseguono quando non ci siamo, ci cercano nei vuoti che lasciamo. E forse, è proprio lì che si nasconde il senso di tutto: nell'assenza.

Eppure, stasera, il ricordo è vivo. Tutto è com'era allora. Ci sono ancora quelle parole non dette, quei gesti che parlavano più delle frasi, quelle camminate verso orizzonti che non abbiamo mai raggiunto. Ma forse, non era la destinazione che contava, bensì il viaggio. Ed è per questo che oggi, che non sei qui, io continuo a pensarti.

Tutto è com'era, perché noi siamo esattamente ciò che eravamo. E così, in questa sera di settembre, in questo silenzio che parla più di mille voci, resto.

Antonio Bruno

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