Il disagio della competizione: una riflessione sul rapporto tra educazione e salute

 

 Il disagio della competizione: una riflessione sul rapporto tra educazione e salute 


La nostra cultura patriarcale ha spesso abbracciato la competizione come valore centrale, ignorando che essa può generare profondi disagi. In un ambiente dove si valorizza il confronto costante e l'obiettivo è primeggiare, le relazioni umane si deformano, compromettendo il benessere individuale e collettivo. Come afferma Humberto Maturana, “noi esseri umani non sopravviviamo isolati; la nostra conservazione richiede sempre la presenza di altri con cui interagire” (Biologia della cognizione, 1970). Ma che cosa accade quando queste interazioni sono cariche di violenza psicologica e competizione distruttiva?

Un caso emblematico di questo fenomeno è quello di Anna Basta, ex ginnasta della Nazionale di ritmica italiana, che ha denunciato pubblicamente gli abusi psicologici subiti dalla sua allenatrice, Emanuela Maccarani. Le parole umilianti che Anna doveva ascoltare ogni mattina, come riportato da Massimo Gramellini, sono agghiaccianti: “Il bambino che hai in pancia cresce, non ti vergogni?”, “Culo pesante”, “Prosciutto, alzati da terra”. Questo tipo di violenza verbale rappresenta un esempio perfetto di come la cultura della competizione possa distorcere le relazioni, rendendole dannose e patologiche.

Maturana ci offre una prospettiva illuminante per comprendere il processo che avviene in simili situazioni. Nel caso di Anna Basta, quello che si è verificato è un fenomeno che egli chiama accoppiamento strutturale: un processo continuo di perturbazioni reciproche tra l'allieva e la sua allenatrice. “Ogni sistema vivente”, scrive Maturana, “mantiene la propria identità attraverso le relazioni che connettono le diverse componenti del sistema stesso” (Autopoiesis and Cognition, 1980). Questo significa che Anna, nel tentativo di mantenere la propria identità, è stata costretta a subire dei cambiamenti strutturali, ovvero modificazioni profonde del suo essere, pur di sopravvivere all'ambiente che la perturbava.

L'accoppiamento strutturale funziona sino a quando le influenze reciproche non portano alla distruzione del sistema. Nel caso della relazione tra Anna Basta e la sua allenatrice, le perturbazioni avrebbero potuto essere talmente profonde da condurre a una destrutturazione dell'identità della giovane atleta. Maturana spiega che “il cambiamento strutturale indotto dall'ambiente non distrugge l'essere vivente fintanto che esso è in grado di mantenere la propria organizzazione” (Biologia della Cognizione, 1970). Tuttavia, se la competizione e il disagio fossero continuati, Anna avrebbe rischiato di ammalarsi gravemente, o addirittura di morire.

In questo contesto, emergono tre fondamentali riflessioni pedagogiche. Primo, come afferma Maturana, “l'autoorganizzazione è generatrice di senso; la perturbazione non porta significato di per sé, ma innesca un processo di cambiamento” (Biologia della Cognizione, 1970). Questo ci porta a capire che l'apprendimento non è un risultato dell'insegnamento in senso stretto, ma del modo in cui un individuo riorganizza la propria identità in risposta alle perturbazioni. Il contenuto dell’apprendimento, quindi, nasce da un processo di trasformazione interiore, che è fortemente dipendente dalla storia personale del soggetto.

Secondo, l'insegnante non è un osservatore passivo, ma un attore nel processo di apprendimento. Come ci ricorda Maturana, “l’osservatore non è mai neutrale, poiché partecipa al sistema che osserva” (Autopoiesis and Cognition, 1980). In campo educativo, questo significa che l'insegnante deve saper modificare il proprio intervento in base alle informazioni che ricava dalle interazioni con i propri allievi. Non è un mero trasmettitore di conoscenze, ma un co-creatore del processo di apprendimento.

Terzo, l’apprendimento dipende dal mantenimento dell’accoppiamento strutturale tra insegnante e allievi. Se questo accoppiamento si rompe, come nel caso di Anna Basta, l’allievo rischia di perdere la propria organizzazione interna e, di conseguenza, la propria identità. “Il vivere degli esseri umani è un continuo scambio di pertinenze reciproche”, afferma Maturana, sottolineando come la co-evoluzione sia essenziale per la sopravvivenza (Il senso della realtà, 1996). Questo processo di reciproca perturbazione può essere fonte di crescita, ma solo se viene mantenuto il rispetto e la dignità di entrambe le parti coinvolte.

Il caso di Anna Basta, e più in generale la cultura della competizione nel mondo dello sport agonistico, ci pone di fronte a una riflessione cruciale: la competizione genera sempre disagio, e se questo disagio persiste può portare alla malattia e, in casi estremi, alla morte. Come ci insegna Maturana, l'essere umano è un sistema aperto, capace di evolversi e di apprendere, ma soltanto in un contesto di rispetto e reciproca valorizzazione.

Antonio Bruno

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