In un Volo di Emozioni
In un Volo di Emozioni
C’era una
volta una mattina di settembre, di quelle che sanno di mare e di promesse.
Lorenzo, un uomo che si era sempre visto come un protagonista di un film, si
svegliò con un groppo in gola. Era uno di quei giorni in cui il cielo sembrava
voler parlare. La luce filtrava tra le tende, danzando sulle pareti, e Lorenzo
sentiva di essere all’apice di una crisi che sapeva che sarebbe diventata
poesia, se solo avesse avuto il coraggio di afferrarla.
Sofia era la
sua anima gemella, o almeno così gli era sembrato per un attimo, come un lampo
che illumina la notte. Si erano conosciuti per caso, seduti l’uno di fronte
all’altra in una caffetteria che puzzava di sogni non realizzati. Avevano riso
e parlato fino a perderne il senso, ma adesso tutto sembrava lontano. “Le cose
brutte della vita non sono baratri, ma trampolini,” pensò. Eppure, quando la
vita lo lanciò, lui non era pronto a atterrare.
Ricordava il
momento in cui si sentirono perfetti insieme, un attimo fuggente, un’illusione
di completezza che svanì non appena lei gli disse che non gli piaceva. Quel
colpo al cuore, quel rifiuto, furono come un vetro infranto, mille schegge che
gli riflettevano versioni di sé stesso, incapace di rimettere insieme i pezzi.
Come poteva credere di essere innamorato quando tutto ciò che desiderava era un
bacio fino al cuore? La sua mente si perdeva in pensieri contrastanti. “Il
problema siamo noi umani, che non sappiamo amare senza toccare, senza vedere.”
Ma dentro di
lui c’era una voce, una melodia sottile che continuava a ripetere che l’amore
non si sentiva solo con il corpo, ma con il cuore. E se la distanza non era un
problema, perché soffrire? Perché continuare a tormentarsi? A volte, il
rimpianto si attacca come un’ombra, e si continua a sospirare per ciò che si è
perso, per quella presunta perfezione che era solo un riflesso di un’illusione.
“Non
inganniamoci,” pensò. “La lucidità è fondamentale.” Così decise di scrivere, di
mettere nero su bianco tutto ciò che sentiva, tutto ciò che lo tormentava. E
così, mentre le onde del mare si frangevano sulla battigia, lui si ritrovò in
un dialogo con sé stesso, riconoscendo i suoi errori, le sue paure, ma anche il
suo coraggio.
La
nostalgia, ora, non era mancanza, ma una presenza delicata. Era come un
visitatore che si affacciava al cuore e gli ricordava che l’amore, anche se
fugace, lasciava un segno indelebile. “Il caso è lo pseudonimo di Dio quando
non vuole firmare,” si ricordò di aver letto, e si chiese se forse anche lui
fosse solo un pezzo di un disegno più grande.
“Tu credi
davvero che ci sia qualcosa che succede ‘per caso’?” Si chiese, come in un
dialogo immaginario con Sofia. “Non dare spazio alla tristezza, e vivi quel
momento con gioia, anche se quella persona eventualmente non c’è più.” Questo
era il suo riscatto: accettare la bellezza della fragilità umana, la bellezza
di quel posto frontemare dove rinascere, baciato dalla brezza leggera.
E così,
Lorenzo chiuse gli occhi, e il mare lo avvolse. Finalmente, era pronto a
ripartire, a volare oltre le sue paure, oltre le sue illusioni. E in quel volo,
imparò che l’amore non è mai perfetto, ma è proprio in questa imperfezione che
risiede la sua vera magia.
Antonio
Bruno
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