Il progresso e la convivenza democratica: una riflessione sui sistemi sociali e l’economia
Il progresso
e la convivenza democratica: una riflessione sui sistemi sociali e l’economia
di Antonio Bruno
Ogni teoria
si fonda su premesse che selezioniamo in base a ciò che desideriamo conservare
nella nostra vita. Tuttavia, quando queste premesse diventano il fulcro del
nostro agire, dimentichiamo che esse non sono assolute, ma frutto della nostra
scelta. Come ho più volte affermato: “Viviamo ciò che accettiamo come reale”
(Maturana, Biologia delle cognizioni, 1980). Il problema delle teorie
economiche moderne, come quella espressa dall'economista Innocenzo Cipolletta
nel suo articolo su Domani, è che basano la loro logica su concetti come
produttività e crescita del PIL, dimenticando la realtà umana che sottende il
vivere.
Cipolletta
afferma che per far crescere la produttività, è necessario incrementare la
domanda finale dei prodotti. Questo ragionamento poggia sulla convinzione che
l’economia cresca attraverso il consumo e la competizione, un principio
radicato in una visione individualistica e competitiva del progresso. Tuttavia,
come ho esplorato in vari contesti, la competizione è una delle principali
fonti di disuguaglianza, poiché esalta la discriminazione e il bisogno di
"essere migliori" degli altri.
Ma da dove
nasce questa disuguaglianza? L'iniquità sociale si radica sempre in una
discriminazione, giustificata da teorie costruite su premesse arbitrarie. Il
concetto di progresso basato sull’individualismo, ad esempio, genera
inevitabilmente disuguaglianza, perché incentiva la competizione e la
separazione tra coloro che “vincono” e coloro che “perdono”. Questo approccio
si allontana dall’essenza della vita sociale e cooperativa, su cui invece si
fonda la convivenza democratica. Come ho sostenuto più volte: “La competizione
distrugge la collaborazione, che è la base della convivenza umana” (Ontologia
dell'amare, 1994).
Riflettendo
sulla mia esperienza personale, figlio della sanità e dell’istruzione pubblica,
ricordo come la mia crescita sia stata possibile grazie a un sistema che non
era basato sulla competizione o sul profitto. La medicina pubblica mi ha
fornito i mezzi per guarire e la scuola pubblica l’istruzione necessaria per
realizzare la mia vita. La mia esperienza di vita dimostra che il progresso
umano non deriva dalla competizione o dall’individualismo, ma dalla
collaborazione, dal supporto reciproco e dall'accesso equo ai servizi
essenziali.
In questo
senso, l'invito di Cipolletta a puntare sulla crescita della domanda per
migliorare la produttività sembra riflettere una logica che ignora le
dimensioni umane della vita sociale. Quando parliamo di produttività, cosa
intendiamo davvero? Se la produttività significa incrementare la quantità di
beni prodotti per singolo lavoratore, allora stiamo riducendo l'essere umano a
un ingranaggio di un sistema economico. Tuttavia, se guardiamo alla
produttività in termini di benessere collettivo, possiamo iniziare a vedere
come il progresso non risieda nell’accumulare più cose, ma nel creare un ambiente
in cui ciascuno possa contribuire al benessere comune.
La storia ci
mostra che quando la competizione prevale, la disuguaglianza aumenta. Come ho
sostenuto: “La biologia ci insegna che la cooperazione, e non la competizione,
è alla base del successo evolutivo” (Il fenomeno dell'unità, 1988).
Questo concetto si applica non solo alla biologia, ma anche alla società. Se
vogliamo costruire una società più equa, dobbiamo abbandonare le teorie che
giustificano la disuguaglianza e iniziare a immaginare un futuro basato sulla
collaborazione.
In
conclusione, il progresso non può essere misurato solo in termini di crescita
economica o produttività. La vera sfida è costruire un sistema in cui la
crescita sia definita dal benessere collettivo, dalla giustizia sociale e
dall’accesso equo ai beni e ai servizi essenziali. In questo senso, dobbiamo
smettere di vedere la competizione come il motore del progresso e iniziare a
valorizzare la collaborazione come base della nostra convivenza democratica.
Antonio
Bruno
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