La quaresima ai tempi della nonna Memmi Gabellone



Lu carniali ha finitu.. e la Quaremma se lu chiange!
La quaremma è nota nella tradizione popolare di San Cesario di Lecce come la moglie di Paulinu Carniali (Carnevale), ormai morto dopo essersi ingozzato di cibo il martedì grasso.
Che cosa accadeva quando finiva il carnevale ed arrivava la quaresima? Il giorno dopo carnevale a San Cesario di Lecce si personificava la quaresima appendendo un pupazzo fatto di paglia, con i vestiti di donna. Questo pupazzo viene chiamato da tutti la vecchia oppure la “quaremma” o “caremma” che veniva vestita a lutto con un fazzoletto nero in testa . La “quaremma” veniva posizionata sui balconi e sulle terrazze; tanto che le vie del paese ne erano piene al punto che tutti la potevano guardare e in quel modo ricordare la penitenza e il sacrificio propri del periodo di 40 giorni detto appunto Quaresima. La quaremma con l’immancabile canocchia in cinta.
Lo scrivo perché oggi molti non sanno cosa sia la conocchia o rocca. Dovete sapere che è uno strumento che in coppia col fuso serve a filare. Usata sin dall'antichità, serve a reggere l'ammasso di fibre tessili durante l'operazione di filatura, in modo che il filatore abbia comodamente a disposizione le fibre mantenendo libere le mani. La quaremma aveva in mano un fuso e da quest’ultimo si poteva vedere pendere un’arancia amara, simbolo di povertà e ristrettezza, nella quale erano infilzate penne di gallina. Ogni penna di gallina rappresentava una delle settimane della quaresima. Chi aveva appeso la quaremma provvedeva a togliere una penna di gallina quando passava una settimana sino all’ultima settimana. Ogni domenica quando si sfilava una penna di gallina si recitava una semplice filastrocca:
Unu: le mendule
Doi: le carendule (le calendule)
Tre: le nuci
Quattru: le cruci
Cinque: la passione
Sei: le Parme
Sette: Dumineca, se mangia la carne.
Che significava togliere quella penna di gallina? Era un modo per rappresentare la liberazione delle privazioni di quel periodo per dirigersi con tranquillità verso una vita nuova che sarebbe venuta con la Pasqua.
Si recitava anche un’altra filastrocca:
La Quaremma pizzicotta, se mangiau lu casu e recotta
E lu fice scusi, scusi cu nu la itenu li carusi
E puru ca fice chianu, chianu poi la ccise lu uardianu
C’è un’altra storia che si raccontava ai bambini che è la seguente:
“Tata Carniali” spenne tutti i sordi te lu borsellinu
Cu sse catta pane e mieru tarallucci e cotechino.
Poi se mangia belle, belle
na montagna te frittelle,
e nni scoppia poi la panza
e iddrhu nu se ferma mangia.
Quannu more,
la “mugghiere” ca è Quaremma,
rimane senza sordi e senza terra.
Cussì dopu quaranta giurni more te fame
Pe curpa te lu maritu nfame!

Ma che cos’è la quaresima?
Come dice san Paolo, è «il momento favorevole» per compiere «un cammino di vera conversione» così da «affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male», si legge nell’orazione colletta all’inizio della Messa del Mercoledì delle Ceneri. Questo itinerario di quaranta giorni che conduce al Triduo pasquale, memoria della passione, morte e risurrezione del Signore, cuore del mistero di Salvezza, è un tempo di cambiamento interiore e di pentimento in cui «il cristiano è chiamato a tornare a Dio “con tutto il cuore” per non accontentarsi di una vita mediocre».
Ma c’è qualcuno che sinceramente riflette su queste parole? Io ho 62 anni ed i miei nonni e genitori tentavano di abbandonare la logica della competizione, della ricerca del successo, del possesso di cose e persone. Perlomeno loro ci provavano. Ed è questo il segno della “quaremma”; quello dei quaranta giorni per cambiare, per conservare la bellezza della collaborazione e del rispetto reciproco.
Non ci riuscivano, ma ci provavano.
Oggi è urgente capire che è vitale conservare il rispetto reciproco tra esseri umani. È necessario più che mai.
Io non conosco i giovani che hanno deciso di credere che Dio è AMORE, non conosco ciò che hanno in animo di fare tutti i ministranti che servono per la Maggior Gloria di Dio.
Ma se costruissero un bel po’ di “quaremme” e le donassero alle donne e agli uomini di San Cesario di Lecce, con un’arancia amara “MARANGIA” e le penne di gallina per ogni settimana, forse darebbero un segnale più forte di mille discorsi, di mille articoli, di mille liturgie.
Buona quaresima a tutti

Antonio Bruno Ferro



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