Grandissima partecipazione alla presentazione del primo libro di Luca Liaci.

Luca Liaci al Liceo Classico 2012

Chi sono
Ciao a tutti, benvenuti nel mio blog. Io mi chiamo Luca Liaci e ho deciso di creare questo spazio perchè amo scrivere e ritengo che questo sia un modo per esprimere al massimo ciò che mi piace.
Ho diciott'anni, sono uno studente presso il liceo classico di Lecce, ho vari hobby ma sin da piccolo ho iniziato a estrarre dalla mia mente dei piccoli racconti, che con il passare del tempo hanno assunto una forma, uno stile migliore.
Proprio quest'anno ho coronato il mio sogno, quello di pubblicare una mia opera. Ve ne parlerò con calma, intanto vi ringrazio per la visita e vi auguro buona fortuna, ognuno di noi ne ha bisogno.
(dal blog di Luca Liaci)

Luigi Patarnello mercoledì 18 maggio 2016 insieme allo scrittore Luca Liaci per parlare della sua opera d'esordio "Una goccia d'acqua nell'olio bollente": un romanzo esistenzialista, in cui adolescenza, amore e destino si legano formando l'intreccio di una trama unica e coinvolgente.

San Cesario, ore 19.00, sala consiliare del Palazzo Ducale.



Prima o poi arrivano le vere soddisfazioni, puntate sempre su voi stessi e non lasciatevi scoraggiare, uscite dal vostro copione, soffrite se basta, ma quando avvertirete la pelle d’oca e gli occhi lucidi parleranno al posto vostro, capirete che avete trovato il vero senso della vita! (Luca Liaci)
UNA GOCCIA D'ACQUA NELL'OLIO BOLLENTE
Buongiorno ragazzi, questo titolo equivale alla mia prima opera, ogni giorno pubblicherò un capitolo con la speranza che vi possa piacere e che possiate trovarla interessante.
Buona lettura.


CAPITOLO 1
-Martedì, 30 Settembre 2011
Fuori dai pannelli della finestra d’un ospedale si prospettava un’ulteriore giornata rigida e faticosa.
Gradisco alzarmi dal letto durante le prime ore del mattino, quando il sole e le stelle si sfiorano e la luna si fa più tersa in un cielo che subisce l’alba.
Dal ballatoio si scorge tutta la città alle prime luci, un posto diverso dal mondo di tutti i giorni. Basta chiudere gli occhi per sentire meglio i rumori della gente, il fruscio del vento e i motori delle macchine in un continuo spostarsi.
Solo alle cinque del mattino riesco ad avvertire il verso dei passeri, il suono impercettibile delle gocce d’umidità che sbattono sulle grondaie o le foglie di quercia che scorrono sul viale alberato accasciandosi al suolo. Questa parte delle mie giornate, questo breve arco di tempo lo chiamo “Vivere”, l’unico momento in cui riesco a confidarmi con me stesso, a riflettere sulla mia esistenza.
Poco dopo si sveglia il resto del mondo, la luce si fa più intensa, le fabbriche e i negozi iniziano a funzionare e la gente corre da una parte all’altra, blatera, sfotte e si fa del male senza nemmeno accorgersene. È proprio questo il momento in cui, mentre il globo inizia a funzionare, io smetto di esistere.
Chi sono io veramente? Me lo sono sempre chiesto, ma dopotutto la natura umana è questa, da quando siamo capaci di ragionare non facciamo altro che riempirci di domande, la difficoltà sta nel darsi delle risposte.
In teoria dovrei essere Michele, un ragazzo di diciassette anni, adolescente cui non manca nulla, in pratica sono sempre lo stesso, ma senza futuro, un presente indifferente, un passato malinconico e un cancro ai polmoni.
Dopo le sei del mattino inizio a sentire i richiami dei pazienti, i dottori, gli infermieri iniziano il loro turno lavorativo giornaliero, le porte si aprono e si chiudono, le persone urlano mentre la mia mente scombussolata post-chemio mi ordina di correre in bagno e sputare tutte le cattive impressioni insieme all’accumulo d'inutili farmaci.
Che ci faccio qui? Molto probabilmente la mia vita ha previsto questo per me, la mia storia appartiene a tutti voi, tutti potrebbero sentirsi chiamati in causa per il semplice fatto che la nostra esistenza non procede secondo i nostri programmi, ma secondo ciò che l’esistenza ha progettato per essa stessa.
Che peso ha l’infanzia? Che peso ha l’adolescenza o la maturità?
L’Adolescenza la conosco bene, ci sono dentro fino al collo. Che senso ha la vita se non si passa dall’adolescenza? Il bambino è la bocca della verità, l’adulto è saggio, insegna a vivere, ma l’adolescente? È lui che ripone nelle sue mani il futuro, poggiandosi su delle basi che non esistono perché divorate dall’incertezza e dalle emozioni amplificate.
La mia vita è simile a quella di un qualsiasi adolescente, sono consapevole di ciò che sono e non rimpiango ciò che sono stato. Ho vissuto tutte le emozioni migliori, di amicizie e amore non ne ho potuto fare a meno.
Sia ben chiaro che non ho intenzione di deprimermi, voglio raccontare del motivo per il quale io sono ancora in piedi, la ragione per cui io esisto ancora.
La mia figura è totalmente normale, sono un ragazzo come tanti, ma i miei amici mi hanno sempre chiamato “Eterno ultimo”, per il semplice fatto che m'innamoravo continuamente e venivo per lo stesso motivo scaricato.
Mi è sempre piaciuto avere tante ragazze ma a quanto pare i miei modi di fare sono sempre stati poco efficaci per la mia generazione.
Insomma sono finito per diventare uno dei ragazzi più scaricati dell’istituto scolastico.
Nel mio aspetto fisico non penso di essere un pessimo ragazzo, sono alto un metro e settanta, sono abbastanza magro per la mia età, ho un lungo ciuffo che si estende in altezza, pochi lo hanno. Il mio viso e abbastanza strano, un difetto che sicuramente penso di avere è il naso ingombrante, per il resto non ci ho mai pensato. Il mio fisico è, come ho detto in precedenza, abbastanza esile, mangio molto ma assimilo poco. Sono molto socievole ma sono antipatico a molti ragazzi per i miei modi di fare apparenti.
Il mio unico difetto, oltre al naso, risulta essere quindi l’incredibile velocità che ho nell’innamorarmi.
Ma che c’è di male nell’innamorarsi? Lanciarsi senza paracadute in un’amicizia più intensa dell’amicizia stessa, volersi bene tanto da fare l’amore, un po’ come l’amore aristotelico.
Mi piaceva la filosofia, la studiavo appena tornato da scuola. Era l’unica materia che rispondesse alle mie esigenze, e soprattutto era l’unica ad avermi insegnato che tutti possiamo filosofare, e di norma chi pensa al razionale troppo spesso può definirsi più intelligente.
Pensando spesso non so se definirmi troppo intelligente o troppo stupido, è uno dei miei pregi o difetti?
So solo che molto spesso pensare induce il cervello a ragionare facendo del bene, ma fa altrettanto male rimuginare su ciò che non conviene a noi stessi.
Nessuno è ingenuo in realtà, nessuno vuole leggere uno stupido romanzo su un ragazzo che cerca di attuare riflessioni brillanti credendo di sapere com'è fatto il mondo.
No, la verità è che ciò che ci spinge ad andare avanti ogni giorno, il motore dei nostri sogni è l’amore. Ciò che fa soffrire l’uomo, che lo induce a pensare cosa sia giusto o meno, che lo spinge a compiere determinate azioni, è proprio l’amore.
Tutto quello che leggiamo o studiamo quotidianamente è legato a quest’ultimo. Basti pensare che Dante non avrebbe scritto la maggior parte delle sue opere se non fosse stato innamorato di Beatrice, allo stesso modo Petrarca non avrebbe fatto successo se non si fosse ispirato a Laura.
Perciò le persone non si rendono conto di ciò che fanno, a volte trascurano tutto quello che hanno davanti non accorgendosi alla fine che lo rimpiangeranno.

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