San Cesario di Lecce. Le tracce di un antico Giudizio
La chiesetta dedicata a San Giovanni Evangelista è il più
antico monumento di San Cesario di Lecce, centro satellite del capoluogo del
Salento.
Costruita nel 1320-21 in stile romanico pugliese la chiesa è
decorata da una successione di archetti pensili lungo tutto il perimetro
esterno e ha un interno ad aula unica con le pareti avvolte da affreschi di
matrice bizantina. Vi è anche custodito un sarcofago medievale emerso durante i
lavori di restauro che mostra incisioni simboliche e un labirinto. La fascia
alta degli affreschi illustra la vita di Gesù in otto scene: la natività e
l’annuncio ai pastori, la presentazione al tempio, il battesimo nel fiume
Giordano, la trasfigurazione, l’ultima cena, l’orto del Getsemani, la
crocifissione, la discesa agli inferi. La fascia bassa degli affreschi è una
teoria di Santi cari alla tradizione pugliese, con San Nicola, san Teodoro,
Santa Lucia, San Giorgio, San Giuliano Ospitaliere, Santa Anastasia. La parete
di fondo è dedicata alla rappresentazione della conclusione della vicenda umana
con il Giudizio universale. Lo stato attuale degli affreschi, evanescenti
quando non completamente svaniti, non agevola la lettura dell’impianto generale
e delle singole scene. In alto, al centro, è visibile la scena dell’etimasia
con l’altare affiancato dalle figure dei progenitori oranti in ginocchio: la
figura di Eva è ancora riconoscibile, mentre di Adamo sopravvive la traccia del
nome. Sempre in alto, a destra, si può forse riconoscere la figura dell’angelo
che stacca e riavvolge il cielo stellato, segnando la fine del mondo; segue
poi, più evidente, la scena della risurrezione dei morti in mare, restituiti da
grandi pesci. A sinistra, simmetricamente, dovrebbe essere la scena della
risurrezione terrestre dei morti, ma i brandelli di affresco residui non
aiutano in questa identificazione.
A sinistra è la raffigurazione del Paradiso. Si riconoscono
alcuni volti del corteo dei beati e le figure dei Patriarchi Abramo, Isacco e
Giacobbe, che hanno in grembo le anime dei salvati. Pure riconoscibile è la
figura di San Pietro che riapre la porta del Paradiso e accede al giardino
fiorito dell’Eden, ancora vigilato da un angelo con la spada sguainata.
A destra è la descrizione dell’Inferno. Un fiume di fuoco
scende dai piedi del Cristo giudice e va ad alimentare l’idrografia infernale;
un gorgo circolare isola la caratteristica testolina del ricco Epulone che
invoca dal Padre Abramo una stilla d’acqua per la sua bocca riarsa. Segue il
gruppo dei dannati: l’abbigliamento ne identifica la diversità degli status e
della condizione sociale. Questo gruppo accede alla caverna infernale. Qui era
probabilmente Lucifero (la cui immagine si è però dissolta) impegnato a punire
i peccatori più efferati, identificati da ciò che resta di alcune scritte
esplicative.
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