Il Salento dell’800 visto da don Marcello Serio
Amici miei ho letto questo scambio epistolare tra il nostro
compaesano don Marcello Serio e don Antonio Morciano del Seminario Vescovile di
Ugento e sono davvero contento di don Marcello.
Io ai tempi in cui era a San Cesario di Lecce l’ho sempre
notato per questa vena polemica che lo caratterizzava e che aveva incanalato
nell’impegno in Parrocchia.
Dopo aver letto questo scambio di opinioni ho compreso
perché don Marcello ha scelto di esercitare la sua missione lontano dal paese
più bello del Mondo.
Le tradizioni del paese più bello del Mondo sono molto
vicine a quelle della Toscana. Qui uno “te sancisariu” non abbassa la testa
davanti a “n’auru te sancisariu” e "unu te sancisariu nu bascia la capu a nnanzi a nisciunu, nnè Re, nnè Ministri, Onorevoli, Senatori nnè prieti, ne vescovi o sinnaci e assessori!". E’ un popolo fatto così, tutti Imperatori!
Bravo don Marcello! Io sono totalmente d’accordo con quello
che hai scritto 13 anni fa, nel lontano luglio del 2003. E tu, dopo 13 anni,
che pensi di quello che hai scritto e di quello che ti hanno risposto?
Cordialmente
Antonio Bruno
Uno scambio di esperienze
SONO STATO IN VISITA NEL SALENTO E HO FATTO UN TUFFO
NELL’OTTOCENTO
Carissimo don Antonio, ci siamo sentiti da poco e ancora
ricordi quando, durante il periodo estivo, lo scorso anno, sei venuto a
trovarmi qui in parrocchia, in questo lembo meraviglioso della Toscana e hai
trascorso con me una parte delle tue ferie. Che pace, che tranquillità. Sei
rimasto meravigliato nel vedere la domenica alla messa tanta gente importante,
re, regine, ministri, onorevoli eccetera, confondersi anonimi tra la folla non
curante della loro presenza; è vero, loro si sono bene inseriti in questo
contesto, e sanno bene che eventuali forme di protagonismo produrrebbero
fastidio tra la gente che non ama tanto queste cose, e credo che questi vip
prediligono la Toscana proprio per questo motivo, perché possono
tranquillamente passeggiare tra la folla, venire a messa come gli altri, senza
essere guardati da nessuno o essere infastiditi dai curiosi. Ti ricordi quando
quella domenica si aspettava il vescovo per la celebrazione e giunse con
mezz’ora di ritardo, e dopo, in chiesa si scusò con i fedeli perché non era
riuscito a trovare posto per la macchina, eh si caro don Antonio, qui o vescovi
o cardinali sono come tutti gli altri cittadini, fanno la fila, cercano posto
per la macchina, sanno aspettare educatamente al semaforo rosso e si scusano
anche per l’eventuale ritardo. Persino il Papa è stato all’Argentario, e
nessuno si è accorto di nulla.
La stessa cosa non posso dire io quando venni a trovarti nel
Salento, mi è sembrato di fare un salto nell’800, non avevo mai visto certe
cose, che mi hanno lasciato infastidito sotto molti punti di vista. Qui da noi
i limiti di velocità li rispettano tutti, portiamo le cinture di sicurezza, e
invece lì da te per il passaggio di non so chi, mezza città era bloccata tra il
fastidio e le imprecazioni dei cittadini, quando si vedono sfrecciare a
velocità folle delle macchine che portano chi? Un prete, un vescovo, non lo so,
o forse qualcuno di tremendamente importante che giustifica tutta questa confusione.
Mah! Forse che questi personaggi non possono prendere tranquillamente la
macchina e partire per tempo per giungere in orario alla meta? Credi che sia
edificante vedere certi preti attorniati da quei mastini in occhiali scuri
anche quando è buio? Credi che questo possa aumentare la stima verso la Chiesa?
Forse lì da te sì, ma qui da noi, con quella buona e salutare dose di
anticlericalismo, queste cose non succedono nemmeno per scherzo. Come vedi
entrambi abbiamo avuto le stesse sensazioni, tu però sei rimasto edificato, io
invece disgustato, e pensa che facciamo parte della stessa Chiesa di Dio.
Qui da noi la discrezione è somma, non amiamo il chiasso,
non si sentono le sirene, salvo in caso di necessità, nessuno corre
prepotentemente sulle strade per andare chissà dove; il vescovo lo trovi
tranquillamente a far la fila al bar e aspetta il suo turno, come ogni
cittadino, e se qualcuno si permette di cedergli il posto, lui si meraviglia ed
educatamente rifiuta, anzi ci resta pure male! Se vuoi avere una buona dose di
umiltà ti aspetto ancora questa estate e magari ti presento a qualcuno di quei
personaggi che vedi di solito lontani in televisione e che qui passeggiano
tranquillamente senza infastidire e senza essere infastiditi. Ti aspetto, fammi
sapere.
don Marcello Serio
Una terra ricca di cultura e ospitalità
ACCUSE GENERICHE E
RAZZISTE STATE FATTE
Sono rimasto sconcertato e amareggiato, gli stessi
sentimenti manifestatimi anche dal vescovo, per la lettera di don Marcello
Serio, pubblicata a pag. 10 del numero di luglio 2003, intitolata "Uno
scambio di esperienze", laddove invece si tratta di accuse gratuite.
1) Innanzitutto don Serio deve sapere che il Salento
abbraccia tre province: Lecce, Brindisi e Taranto, l’antica "Terra
d’Otranto" maestra di civiltà e umanità. Quindi il «sono stato in visita
nel Salento» è scorretto e generico. Dica chiaro dove è stato. Sarà un paese,
forse due, non certo "il Salento". Se ha la pazienza di girare
veramente il Salento si accorgerà non solo di non essere nell’800, ma di dover
imparare, anche nel 2000, civiltà, cultura, arte, rapporti umani cordiali e
schietti, ospitalità generosa, religiosità radicata.
2) Quello che lui descrive («città paralizzate non si sa per
chi») personalmente l’ho trovato anche in tante città del Nord e del Centro e
non una volta sola. Se a ragione o a torto questo è da valutare caso per caso.
Nella sua chiesa possono benissimo andare re, regine, ministri ecc. (?) e stare
come tutti gli altri fedeli, ci mancherebbe altro! È così anche nelle nostre
chiese! Sono fedeli come tutti gli altri. Ma se un re, una regina ecc. vengono
in forma ufficiale, caro don Serio, non è così: si formano i cortei, si
paralizza il traffico. Ora con buona pace di don Serio il vescovo riveste un
ruolo pubblico, è a servizio di una comunità e se è nell’esercizio del suo
ruolo e viene in parrocchia per una celebrazione che riguarda la comunità è come
minimo un atto di delicatezza riservargli un posto macchina. Qui nel Salento
c’è ancora il rispetto, non il servilismo, per chi riveste un’autorità
pubblica. E questa è una virtù, anche morale oltre che civica. Se invece il
vescovo cammina in forma privata, fa la fila come gli altri, cerca un posto per
il parcheggio come gli altri, cosa che fanno il nostro vescovo e tutti i
vescovi del Salento che conosco.
3) Basta poi leggere i giornali e vedere i telegiornali per
rendersi conto che non è assolutamente vero che «qui da noi i limiti di
velocità li rispettano tutti, portiamo le cinture di sicurezza». Gli incidenti
stradali e l’elenco delle multe purtroppo fanno fede.
4) Quando il nostro vescovo va nelle parrocchie «parte a
tempo e giunge in orario alla meta», anzi cinque minuti prima rispetto alla
comunità, anche se deve trovare il posto per la macchina. E se dovesse capitare
di fare ritardo, non certo per colpa, non ha alcuna remora a chiedere scusa. E
così fanno i vescovi del Salento di mia conoscenza, non solo in Toscana.
5) Personalmente non ho mai visto preti «attorniati da quei
mastini in occhiali scuri anche quando è buio». Non metto in dubbio che don
Serio li abbia visti. Ma può parlare così genericamente di "Salento"?
Si tenga poi la «buona e salutare dose di anticlericalismo». Non la invidiamo
affatto!
Vorrei tanto che almeno i preti si liberassero dal facile e
scontato pregiudizio, che sa di razzismo, nei confronti del Sud. Vorrei tanto
che non mi capitasse più quello che mi è capitato in una parrocchia del Nord
(non dico "nel Nord" in genere): cioè di sentire dei laici operanti
in parrocchia definire tra le virtù di un buon cristiano il tenersi lontano
dalla gente del Sud, e questo alla presenza di preti che non hanno detto una
sola parola!
don Antonio Morciano
Seminario vescovile di Ugento (Le)
Condividiamo quanto don Antonio afferma sulla ricchezza
umana e culturale del Salento. La lettera di don Marcello è stata pubblicata
per segnalare comportamenti che possono dare fastidio al Nord come al Sud.
Lungi da noi il farne una questione di razzismo. Ciò spiega la genericità del
luogo (a proposito: perché allora don Antonio non fa il nome della parrocchia
del Nord?).
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